L’avvocatura piange uno dei figli più eccelsi e amati. Raffaele Arcella, nato nel 1920, si iscrisse all’albo degli avvocati di Napoli nel lontano 1946 e ha esercitato ininterrottamente fino ad oggi, alla veneranda età di cent’anni, con la stessa passione, impegno e padronanza del diritto con cui cominciò. La lunga vita del maestro Arcella va ricordata e celebrata non solo, però, per la durata e l’impegno profuso nella professione (che gli sono valsi la medaglia d’oro al merito forense dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli) e perché forgiò intere generazioni di avvocati, oltre i familiari che da tempo ne ripercorrono con successo le gesta professionali.
Arcella va ricordato per quanto ha rappresentato quale simbolo di libertà di pensiero e di solidarietà. Fu nominato grande ufficiale della Repubblica in virtù del suo sacrificio per essere stato, a lungo e volontariamente, internato nei lager tedeschi e polacchi. Tenente cavalleggero a soli 23 anni, Arcella non aderì alla Repubblica di Salò e non tornò in patria, alla quale aveva giurato fedeltà, a condizione di entrare nei suoi schieramenti o in quelli della Wehrmacht tedesca. Preferì patire terribili sofferenze nei campi di concentramento anziché assoggettare il suo pensiero a quello criminale nazista e impose il suo sentimento di libertà in una lunga e atroce prigionia. Combattè nel silenzio la sua battaglia e la vinse senza mietere vittime se non se stesso. L’avvocato Arcella trasse dalla sofferenza, raccontata in un suo recente libro (La mia vita nei lager nazisti. Frammenti 1943-1945) la forza che lo ha sorretto nella sua lunga e intensa vita.
Fu presidente dell’Associazione Nazionale ex Internati nei Lager Nazisti e, col motto “Per non dimenticare”, coltivò la memoria dell’internamento dedicandosi concretamente a importanti iniziative sociali sempre al fianco di chi era senza voce, possibilità o speranza. Il suo amore per la cavalleria lo indusse a fondare, alla fine degli anni Sessanta, il centro ippico di addestramento, tramite cui, e con l’aiuto del cappellano militare don Luigi Pasa, seppe coniugare la passione con la solidarietà sottraendo alla strada e alla criminalità numerosi ragazzini e avviandoli, con non pochi sacrifici, al lavoro nel mondo della veterinaria e dell’ippica. La testimonianza della sua opera resta incisa per sempre in una targa che tanti ex-scugnizzi vollero dedicargli ringraziandolo per aver creato, con la sua dedizione, bravi lavoratori, imprenditori di successo, seri professionisti e bravi padri di famiglia.
Questo sintetico tratteggio dell’uomo, che non rende giustizia alla sua immensa figura, sia di monito e di ispirazione alle generazioni che seguiranno; soprattutto lo sia per gli avvocati, strenui difensori delle libertà e dei diritti. L’esempio del maestro Arcella è e dovrà rimanere imperituro e indelebile in coloro che oggi si battono per l’affermazione del libero pensiero e contro ogni ingiusta coercizione. Facciano tesoro gli avvocati del sacrificio di chi ha patito sofferenze fisiche e morali e ne traggano esempio e forza nelle proprie battaglie, perché la deriva che oggi affrontiamo, pur nel suo disvalore, richiede minor sacrificio rispetto a chi ha visto annientato ogni diritto. È per questo motivo che appare d’obbligo non solo celebrare e ricordare un maestro, ma viverlo quotidianamente nelle nostre azioni e mutuare da ogni sua sofferenza ogni nostra conquista.
