L’accordo che ha posto fine alla guerra in Medio Oriente è stato raggiunto: le bombe su Gaza sono cessate, gli ostaggi israeliani sono stati liberati. Abbiamo esultato per questo accordo ed esulteremo ancora a lungo: la guerra è infatti una sconfitta per l’umanità.
I cortei che gridavano a favore di una Palestina libera sono stati soddisfatti nelle loro aspirazioni: la pace è stata raggiunta non in virtù dei cortei bensì in virtù del lavoro serio, condotto nel riserbo massimo, delle diplomazie. La Palestina, però, non può dirsi libera, perché perdurano le violenze non perpetrate dalle bombe di Israele ma dagli affiliati ad Hamas i quali con efferatezza giustiziano i palestinesi che sono accusati di aver collaborato con Israele.
Allora, io dico: la Palestina deve essere liberata da chi? Da Israele o da Hamas? Perché ora nessuno manifesta a favore della liberazione della Palestina da ogni organizzazione terroristica? I terroristi sono preferibili ad Israele? Mai sia un simile pensiero.
Ecco, dunque, la prova del perdurare dell’ideologia: chi viene considerato nemico lo è a tal punto che un’organizzazione terroristica è quasi giustificata nel suo agire. Giustificare la violenza come vendetta di un’altra violenza o tracciare una sorta di classifica delle violenze da cui occorre liberarsi non è un ragionamento degno dell’umanità, ossia dell’essere uomini e quindi chiamati a logiche di pace. Mi auguro che tutte le forze politiche comprendano il rischio latente dietro alcune categorie di pensiero che animano la piazza ma sviliscono la civiltà
