L’emergenza Covid 19 sta creando mostri giuridici

Parallelamente alla progressiva discesa della curva dei contagiati da coronavirus, stiamo assistendo ad una rapidissima esplosione di inchieste, giornalistiche e giudiziarie, sulle eventuali responsabilità nella gestione dell’emergenza sanitaria. La necessità di verità su come il sistema Paese abbia gestito l’emergenza è un sacrosanto diritto visto il numero dei cari che abbiamo perso e osservati gli sclerotici cambi delle linee guida che hanno purtroppo contribuito a disorientare l’opinione pubblica: portando a sommare il blackout delle informazioni ai disagi del lockdown.

L’approccio però inquisitorio e al limite della “caccia alle streghe” non può che preoccupare perché come sa molto bene qualunque giurista la legislazione d’emergenza è capace di creare mostri giuridici che però possono avere conseguenze pesantissime sotto il profilo dei processi. È questo il caso dell’art. 42 secondo comma del D.L. Cura Italia che riconosce come infortunio il caso di infezione da Covid-19 contratta “in occasione di lavoro”. Questo articolo, nato per assicurare una copertura economica al lavoratore che contraeva il virus, rischia di tramutarsi in una vera e propria pistola puntata alla testa di quelle migliaia di imprese che hanno tenuto aperto in quanto considerate erogatrici di servizi essenziali.

Così come scritto l’articolo infatti rischia di aprire infinite opportunità di contenzioso civile e penale anche per tutti quei datori di lavoro che si sono attenuti scrupolosamente ai protocolli imposti dal Governo. Chi può dire con certezza che l’eventuale covid-19 sia infatti stato contratto sul posto di lavoro? Si tratta di una vera e propria spada di Damocle inaccettabile visto che parliamo di quegli imprenditori che si sono sobbarcati sulle spalle di portare avanti il Paese in una delle sue pagine più buie.

Non possiamo lasciare alla soggettività degli organi giudiziari la possibilità di scaricare sul mondo produttivo i costi di una pandemia che neppure l’Oms né l’Iss sapevano come affrontare, avendo più volte cambiato le proprie disposizioni. Il Parlamento deve intervenire per evitare che sull’impresa italiana si abbatta il rischio della presunzione di colpevolezza. D’accordo sull’accertamento dei casi di dolo e colpa grave ma si eviti di martirizzare quella classe imprenditoriale italiana che era già uscita in ginocchio dalla crisi del 2007/2009.