Il paradosso è plastico, anche nelle presenze di questi giorni. Salvo me, De Caro, Gori, Nannicini e pochi altri, la partecipazione della classe dirigente democratica, dei banchi della sinistra è ridotta e a titolo essenzialmente personale. Qualche tentativo di ripensamento, qualche avanzamento nei rapporti c’è, ma la ricucitura non è ancora avvenuta. La maggioranza dei presenti senza blasone parlamentare è e resta di cultura di sinistra, la storia di Bettino è e resta quella della sinistra italiana con vocazione internazionale, come i cileni allendisti o il greco Panagulis contro i Colonnelli o i dissidenti cecoslovacchi potrebbero testimoniare nel mutuo soccorso, nel sostegno che il Partito Socialista vi diede in quegli anni difficili per tanti socialisti nel mondo. Vedere Craxi nel pantheon della destra italiana, oggi persino utilizzato dal pensiero sovranista come suo postumo accolito, fa davvero male ed è davvero il prodotto più guasto del giustizialismo degli ex Pci. L’idea che potesse esistere e diventare di governo una sinistra riformista, atlantica ma non suddita, progressista ma non massimalista, capace di rompere lo schema consociativo della democrazia bloccata Dc-Pci è ancora considerato un marchio di colpa da chi aveva fatto della diversità etica il proprio contrassegno, e poi prendeva i rubli da un Paese nemico dell’Italia. Sarebbe il tempo che il Partito democratico, che nelle intenzioni alla sua nascita doveva superare le divisioni e unire i riformismi, facesse pace con la storia di Craxi e non per cantarne il peana, non per chiudere gli occhi sulla deriva partitocratica di cui anche il Psi craxiano fu parte e alimento, né per dimenticare i vizi che appartennero a una stagione politica, abbattuta la quale tuttavia, con la caduta del muro a Berlino e l’epurazione di un’intera classe dirigente in Italia, cedevano gli argini alla brama degli animal spirits capitalistici, alla privatizzazione dello stato, all’asservimento della democrazia e dei suoi istituti alle grandi lobby finanziarie internazionali. Riscoprire Craxi significa anzitutto ritrovare la politica, l’ultima stagione in cui la politica aveva da dire, aveva la capacità di progettare, di governare i processi, di rendere l’Italia protagonista, non figura e sfondo, sul palcoscenico internazionale. Un garofano su quella tomba di quel piccolo cimitero che guarda il mare e l’Italia oltre il mare, sarebbe per Zingaretti un modo per ritrovare e ritrovarsi, e tra quei dedali della Medina aprire a un sentiero di modernità una sinistra italiana altrimenti monca, perché incapace di fare i conti con la sua storia.
L’errore del giustizialismo di sinistra: lasciare Craxi alla destra
