Il “day after” del vertice di Washington è un misto di cauto ottimismo, sospiri di sollievo, qualche dubbio e prime reazioni, soprattutto da Mosca. Tutti i leader coinvolti nell’incontro hanno concordato su un fatto: il summit e soprattutto il faccia a faccia tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky è andato bene. Tutti avevano bene impresse nella mente le immagini dello scontro nello Studio Ovale tra i due leader, una vera e propria “imboscata” a favor di telecamere che fece tremare la diplomazia occidentale e soprattutto le certezze di un Zelensky profondamente preoccupato dalle dichiarazioni del tycoon già durante la campagna elettorale. E invece, l’incontro di lunedì è stato di ben altro avviso.
Certezze, al momento, non ve ne sono molte. Come spiega il New York Times, le garanzie di sicurezza per l’Ucraina rimangono vaghe, anche se ieri Trump, escludendo categoricamente la presenza di militari americani al fronte, ha parlato di un possibile supporto aereo da parte di Washington. Il Guardian è stato addirittura più netto, parlando di un vertice senza delle vere e proprie prese di posizione ma che si è risolto in un “tutto fumo e niente arrosto”. Il quotidiano britannico ha puntato il dito soprattutto sulle frasi di Trump, apparso più interessato a elogiare la sua presidenza che a mettere sul campo opzioni concrete per tutelare Kyiv e fornire a Zelensky ciò di cui le sue forze armate hanno bisogno. Anzi, secondo il Financial Times, ciò che ha ottenuto Trump è la promessa di Zelensky di comprare armi americane per 100 miliardi di dollari finanziati dall’Europa (cosa che ha provocato già l’ira dei leader europei più vicini al Cremlino).
Tuttavia, al netto dei punti interrogativi, il sentore è che i leader presenti al vertice abbiano saputo indirizzare The Donald evitando incidenti diplomatici. Hanno fatto capire di avere una posizione comune. Hanno offerto garanzie di sicurezza su cui Zelensky ha detto di lavorare “molto concretamente” insieme agli Stati Uniti. E il loro arrivo in fretta e furia a Washington è servito soprattutto a evitare che si potesse ripetere il disastro dell’ultimo incontro tra Zelensky e il presidente statunitense, ma anche il pericolo di un leader ucraino costretto in qualche modo a cedere di fronte alle pressioni di Trump dopo l’incontro di Anchorage. Molti addetti ai lavori erano infatti rimasti in parte interdetti dal modo di agire di Trump durante la riunione avuta con il presidente russo Vladimir Putin. L’accoglienza in pompa magna, l’applauso e il tappeto rosso, il viaggio insieme nella stessa automobile e le dichiarazioni successive al summit avevano palesato la forza del canale diretto tra Casa Bianca e Cremlino. E questo aveva preoccupato non solo Zelensky, ma anche i vari leader europei impegnati nel trovare un modo per arrivare a un’intesa senza passare per la resa.
Il meeting di lunedì alla corte di The Donald sembra in qualche modo aver evitato un ulteriore avvicinamento alle sirene di Mosca. E il fatto che ci sarà un bilaterale tra il presidente russo e quello ucraino è un segnale fondamentale, anche se Zelensky ha rifiutato l’invito di Putin a svolgere i colloqui a Mosca. Ma la vittoria diplomatica forse più importante dell’Europa è essere riuscita, anche con le lusinghe nei confronti del tycoon, a strappare un posto a tavola, evitando la completa esclusione dalle trattative per una futura pace.
Pace che, ad ogni modo, non appare vicina. Subito dopo il vertice, le forze russe hanno bombardato di nuovo l’Ucraina con centinaia di droni e missili. Ieri il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha detto che l’obiettivo di Mosca “non è semplicemente conquistare alcuni territori“, ma “proteggere le persone, i russi, che hanno vissuto su queste terre per secoli”. Ma l’accordo di pace passa, inevitabilmente, attraverso la questione territoriale. In un’intervista a Fox News, Trump ha detto che la Russia controlla il 79% del Donbass e gli ucraini “capiscono che cosa significa”. E il presidente Usa si è augurato che Zelensky dimostri “un po’ di flessibilità”.
