Lezione di stile, Armani e la moda come ponte con gli israeliani

FILE - Giorgio Armani receives his share of applause after presenting his Emporio Fall-Winter 2007-2008 men's fashion collection, during the Milan Men's Fashion Week, in Milan, Italy, Monday, Jan. 15, 2007. (AP Photo/Luca Bruno, File) Associated Press/LaPresse

La moda è, per definizione, un linguaggio che unisce popoli e culture. Giorgio Armani lo ha sempre saputo: lo dimostra non solo il suo stile essenziale e universale, ma anche la naturalezza con cui ha aperto le porte a volti e storie provenienti da Israele. Per lui, vestire significa raccontare identità, costruire ponti e restituire dignità attraverso l’eleganza.

Nel tempo, alcune tra le più note modelle israeliane hanno legato il proprio nome alla maison. Da Shlomit Malka, protagonista di campagne globali, a Shiraz Tal, che ha sfilato per Armani Exchange e sulle passerelle di Giorgio Armani. Da Chava Mond, volto di Armani Jeans, fino a May Tager, modella emergente scelta da marchi di altissimo livello e comparsa in progetti firmati Armani. Non solo bellezza: nei corpi e negli sguardi di queste professioniste Armani ha visto la forza di un Paese giovane, dinamico, capace di esprimere energia e grazia insieme.

La prossimità con Israele non è stata soltanto estetica. Armani ha infatti investito anche sul territorio: Emporio Armani e Armani Exchange hanno trovato casa al Ramat Aviv Mall di Tel Aviv, uno dei centri commerciali più prestigiosi della città, insieme a una boutique Armani Beauty dedicata a profumi e skincare. Una presenza stabile, che ribadisce la volontà di fare della moda un ponte culturale, capace di resistere ai conflitti e alle divisioni.

Non può non colpire, in questa cornice, il silenzio di Giorgio Armani davanti al mare di retorica anti-israeliana che ha invaso piazze, campus e palchi della cultura europea. Mentre molti brand hanno inseguito slogan e facili schieramenti, Armani non ha mai ceduto alla tentazione di dichiarazioni ambigue sulla “causa palestinese”. Ha preferito restare fedele a una sola bandiera: quella della moda come veicolo di incontro e non di divisione, come linguaggio universale che non conosce odio. Non è un caso che negli anni passati Armani abbia accolto a bordo del suo yacht Maìn la supermodella Bar Refaeli, simbolo globale di Israele e volto amatissimo dal pubblico internazionale. Un gesto privato, ma significativo, di amicizia e vicinanza che racconta più di mille comunicati.

Così Armani, con la sua sobria eleganza, ha costruito un rapporto con Israele che va oltre il mercato: un legame fatto di fiducia, stima e bellezza condivisa. E in tempi in cui la propaganda divide e incita alla contrapposizione, la moda – quella vera – continua a unire popoli e storie, restituendo dignità al presente e speranza al futuro.