L’inaspettato federatore dell’Europa si chiama Donald Trump

FILE - President Donald Trump speaks at the Kennedy Center, Wednesday, Aug. 13, 2025, in Washington. (AP Photo/Alex Brandon, File) Associated Press / LaPresse Only italy and spain

In Alaska note funebri, e il gelo del nulla che faceva risaltare il ghigno compiaciuto di Putin. Pochi giorni dopo, a Washington, il clima e la musica erano diversi. E la differenza la faceva l’Europa unita e schierata. Con una novità assoluta, il piglio di chi è finalmente pronto ad assumersi le responsabilità conseguenti agli obiettivi dichiarati.

Non sappiamo ancora dove porterà il processo di pace sulla guerra in Ucraina. Le incognite non mancano, per la vaghezza degli impegni di Trump e soprattutto per l’aria da “stiamo facendo i conti senza l’oste” che si respirava al vertice. Ma abbiamo già una certezza: il caso-Ucraina cambierà il volto del mondo. L’Europa è divenuta consapevole che, mentre si deve agire per evitare che l’Ucraina diventi un protettorato russo, bisogna parallelamente sapere di non essere più, noi europei, un protettorato americano. Il traguardo, inedito dopo il 1945, è di proporsi come soggetto forte in uno scenario che si profila quadrilaterale, accanto a Stati Uniti, Russia e Cina. Così, l’agenda europea si è rapidamente ridefinita: autonomia nella difesa, comando unico, visione condivisa delle principali scelte strategiche internazionali, in sinergia con un altro soggetto, la Nato, che era finora sembrato completamente dipendente dagli Stati Uniti.

Trump, l’inaspettato federatore dell’Europa

Questo salto della Storia ha due protagonisti. Il primo è la resistenza ucraina, per la quale non esistono più aggettivi. Il costo pagato è altissimo, ma non saremmo qui senza l’irriducibile voglia di libertà degli ucraini, sostenuta in tre anni e mezzo dall’Europa e dagli Usa. È quella resistenza che ha reso Putin un gigante d’argilla, per cui la pace non è più una concessione ma una necessità. Il secondo protagonista è Donald Trump, che potremmo definire “il federatore involontario”. I comportamenti ondivaghi e narcisisti di colui che il giornalista conservatore del Washington Post George Will definisce l’uomo-bambino, hanno portato a un’accelerazione europea fino a pochi mesi fa impensabile.

Il ruolo italiano in questo percorso non è secondario. Insieme all’adesione ucraina all’Unione europea, per cui persino Trump si sta spendendo con Viktor Orbán, la proposta di “una Nato senza Nato” è una via realistica, perché svincola la deterrenza sia dagli Stati Uniti sia dall’unanimità che sarebbe necessaria in formale sede Nato. Si viaggia verso garanzie in stile articolo 5, per cui se la Russia attaccherà ancora, i Paesi che hanno aderito al protocollo reagiranno insieme. Un’intesa che va ancora definita, soprattutto sul tema delicatissimo della presenza di truppe di interposizione sul campo. Ma intanto, per la prima volta, si dichiara di fronte a Putin e al mondo intero che la matematica della forza non può essere l’unico criterio di calcolo politico e militare, e che la democrazia non è una stanca declamazione, ma una concreta frontiera da sorvegliare e difendere.

Ora, sempre che i russi non lo facciano fallire prima che inizi, si prepara il vertice Putin-Zelensky. Si tratterà sui territori e sulle altre clausole del cessate il fuoco, e nulla sarà facile o scontato. Ma perlomeno l’Europa unita ha fissato un concetto chiaro: si può chiamare pace solo ciò che dissuade dalla prossima guerra.