L’inconfondibile chioma bionda e scompigliata ha invece fatto capolino nei video diffusi sui dispositivi accesi nelle aree a forte trazione anti europeista, dove cioè, più forte è la volontà di vedere realizzata la Brexit e dove poi, sentirselo dire da Boris rappresentava un valore aggiunto. L’uso fortemente implementato della piattaforma digitale, oltre che dare vita a strategie mirate, si è anche dimostrato complessivamente più audace e aggressivo che in passato. Era novembre quando, durante il primo duello televisivo tra Corbyn e Johnson, i Conservatori in tempo reale hanno cambiato il nome del profilo Twitter del loro ufficio stampa (80mila follower) per trasformarsi in un falso account, FactCheckUK, impegnato a twittare un improbabile fact-checking atto a smentire le promesse pronunciate dal leader laburista in tv. Twitter in quel caso non ha preso provvedimenti ma ha diffidato qualunque gruppo politico dal riprovarci nuovamente. Corbyn, preso con le mani nella marmellata dal Financial Times, ha invece dovuto cancellare il Tweet nel quale condivideva ‘strumentalmente’ solo una parte di un video realizzato dal quotidiano dedicato alla diffusione della banda larga. E non sono mancati anche altri video, questa volta manipolati ad arte per dimostrare come, ad esempio, durante una intervista alla Bbc, il delegato alla Brexit dei laburisti restasse in confuso e imbarazzato silenzio di fronte alla domanda del giornalista. In realtà, la clip indugiava sul momento in cui il candidato era intento ad ascoltare, inquadrato in attesa di rispondere; il montaggio però era stato appositamente sfalsato per dare l’idea che non avesse nulla da dire. Insomma, poco conta se la realtà era un’altra, nel modo social britannico è valso ciò che sembra vero, comprese le fake news costruite ad arte. Peccato che i tanti consensi virtuali illuminati dalla rete non abbiano poi generato un corrispettivo riscontro nel segreto dell’urna. Chi l’ha dovuto capire pagando il prezzo di una dura sconfitta sono stati i laburisti che, più degli altri, hanno investito in questa forma di dialogo con la Gran Bretagna on line, vanamente.
Londra, il flop di Corbyn insegna: i like non sono voti
