La più significativa e fondamentale testimonianza della “svolta” heideggeriana è costituita dai corposi e complessi Contributi alla filosofia, stesi tra il 1936 e il 1938 e pubblicati postumi nel 1989 in occasione del centenario della sua nascita. Questo trattato heideggeriano sancisce di fatto il passaggio che va dalla analitica esistenziale, elaborata nel capolavoro del 1927 Sein und Zeit, al cosiddetto pensiero onto-storico e di cui i Contributi costituiscono non soltanto lo sviluppo più sistematico, ma anche il luogo in cui – come lo stesso Heidegger affermerà nei Taccuini – «la via decisiva è raggiunta» (Heidegger, Gesamtausgabe, Band 99).
Adesso non si tratta più di analizzare l’Essere in relazione all’ente, quanto invece di trattarlo in maniera indipendente da quest’ultimo. I Contributi recano come sottotitolo – non a caso – Dall’evento, quasi a rimarcare con forza un netto mutamento di prospettiva rispetto al problema della differenza ontologica tra Essere ed ente, sottolineando così la necessità di partire dall’evento inteso non tanto come un ente sottomano, come qualcosa che si possa determinare muovendo dalle sue caratteristiche spaziali o temporali; al contrario, Heidegger si sforza di porre in luce l’esperienza stessa dell’evento di cui lui è, per dir così, testimone. Diventa così centrale la questione della provenienza dell’esistenza scandita dal sottotitolo, motivo per il quale il pensatore di Meßkirch concepisce adesso l’Essere come “evento-appropriazione”. Il lavoro filosofico messo in opera da Heidegger, pertanto, si muove lungo le linee di una sorta di “filosofia della storia” contrassegnata da un “primo inizio” (greco), dal suo compimento nell’età della tecnica e da un “altro inizio” che è possibile soltanto nell’evento-appropriazione.
C’è da dire, tuttavia, che questo trattato sulla “svolta” non costituisce affatto un abbandono di quanto esposto in Sein und Zeit, ancor meno un tentativo di concludere quanto da Heidegger lasciato in sospeso con l’opera del 1927. Pur costituendo la massima impennata della speculazione heideggeriana degli anni Trenta, i Contributi rappresentano non tanto una conclusione di Sein und Zeit, quanto invece un ripensare in maniera più originaria la questione del senso dell’essere, che nel trattato del 1927 risultava ancora ostacolata dal linguaggio della metafisica. Sein und Zeit aveva portato alla luce l’esperienza del “primo inizio”, scandito da quella storia della metafisica che da Anassimandro conduce sino a Nietzsche; invece nell’“altro inizio” prospettato da Heidegger nei Contributi l’impostazione della domanda sull’Essere – domanda fondamentale – si compie saltando dentro la verità dell’Essere stesso. Il preciso valore semantico da Heidegger conferito al “salto” rinvia ad un “balzare via” dal confronto con il primo inizio e con la sua storia, quasi a voler sottolineare con forza la discontinuità tra la metafisica occidentale e il suo oltrepassamento.
Il salto, per citare il § 119 dei Contributi, viene preparato dal “domandare” della domanda fondamentale, anche se quest’ultima non costituisce affatto una prosecuzione di quella formulazione interrogativa della domanda-guida nella impostazione datale da Aristotele; essa, piuttosto, «scaturisce direttamente da una necessarietà della necessità dell’abbandono dell’essere, quell’accadimento che è essenzialmente condizionato dalla storia della domanda guida e del suo disconoscimento» (M. Heidegger, Contributi alla filosofia). I Contributi di Heidegger e il suo complesso linguaggio costituiscono tutt’ora una sfida per gli interpreti, per cui non si può che salutare con favore la recente traduzione italiana del commentario ai Contributi dell’ultimo assistente privato del pensatore di Meßkirch, Friedrich-Wilhelm von Herrmann – che di questo trattato è stato anche il curatore dell’edizione tedesca. Tradotto – con la revisione di Francesco Alfieri – per la casa editrice Morcelliana di Brescia dallo studioso e medico psichiatra Giampiero Arcieri e preceduto da una densa Premessa del già menzionato Alfieri (nominato da Morcelliana e da Ratio et Revelatio Publishing House garante scientifico per l’interlocuzione con gli eredi e l’editore delle opere di Martin Heidegger), questo corposo commentario si rivela uno strumento “ermeneutico” particolarmente prezioso per addentrarsi nella lettura e studio di questo ostico trattato heideggeriano.
Questa “fatica” di von Herrmann, frutto dei numerosi colloqui avuti con lo stesso Heidegger e le cui carte vennero successivamente raccolte e utilizzate per lezioni e seminari sull’opera del filosofo tedesco, si giustifica alla luce della ricezione dei Contributi «ancora oggi sorprendentemente arretrata» (F.-W. von Herrmann, Contributi alla filosofia (Dall’Evento) di Heidegger, p. 18). In tale contesto, si rivelò determinante la sollecitazione di Alfieri: in più occasioni egli cercò infatti di promuovere la pubblicazione del commentario, coadiuvando anche von Herrmann nell’ordinamento delle varie carte. Proprio per tale decisivo apporto, l’Autore volle dedicare ad Alfieri la sua imponente fatica: “A Francesco Alfieri, dedicato con profonda gratitudine per il suo impegno nel proteggere la verità del pensiero di Martin Heidegger”.
Come lo stesso von Herrmann precisa sin dalle primissime battute del primo capitolo – intitolato “Comprensione preparatoria del tema a partire dal titolo del commentario” – l’intento essenziale del suo lavoro consiste nell’introdurre «il pensiero dell’evento di Heidegger, con particolare attenzione alla sua struttura interna, al suo procedere – cioè al suo carattere di cammino e ai suoi principali concetti fondamentali» (ivi, p. 21). Ed è proprio su questi aspetti su cui von Herrmann concentra i suoi sforzi, ad eccezione della disamina della parte del testo heideggeriano intitolata “L’Essere”, in quanto ritenuta non appartenente alla concezione sistematica dei Contributi. Com’è noto, i Contributi risultano suddivisi in otto parti la prima delle quali è lo “Sguardo preliminare”, il quale getta luce sull’affidarsi all’evento-appropriazione e sul problema dell’“altro inizio del pensiero”.
Con ciò si spiega l’importanza del cosiddetto pensiero del “passaggio”, nel cui spazio di manovra è possibile porre in dialogo ciò che Heidegger definisce il già-stato dell’Essere della verità con l’estremo futuro della verità dell’Essere. Seguono a ruota le sei “fughe” e che costituiscono il piano fondamentale della storicità del passaggio stesso. Esse sono, rispettivamente, “la risonanza”, “il gioco di passaggio”, “il salto”, “la fondazione”, “i venturi” ed infine “l’ultimo Dio”. I Contributi si chiudono con l’ottava e già menzionata parte intitolata “L’Essere”, che Friedrich-Wilhelm von Herrmann – seguendo un’annotazione dello stesso Martin Heidegger – decise di collocare alla fine di questo trattato in quanto semplice riepilogo dei termini-chiave analizzati ed elaborati nei Contributi.
Nel secondo capitolo dal titolo “Essere e tempo”, von Herrmann mostra il legame sussistente tra il capolavoro del 1927 e i Contributi, in quanto le vie di questi due trattati non si escludono a vicenda ma si co-appartengono, mentre nel terzo capitolo – “Essere e tempo”, l’ermeneutica dell’esserci e la via orizzontale-trascendentale della questione dell’essere. Un abbozzo – von Herrmann precisa come l’ermeneutica del Dasein stia in rapporto con quel “saltare oltre” la prospettiva orizzontale-trascendentale intesa quale condizione essenziale per conquistare la prospettiva dell’evento ma, aggiunge von Herrmann, «senza per questo doversi congedare anche dall’ermeneutica dell’esserci» (ivi, p. 81). Si tratta sì di oltrepassare lo schema orizzontale della semplice presenza in cui l’ente risulta, per dir così, appiattito; ma ciò allo scopo di «comprendere l’ente di questo essere in quanto tale a partire dalla apertura (verità) dell’essere così temporalmente determinato» (ivi, p. 83), come si afferma nel quarto capitolo intitolato “Il salto oltre la trascendenza e l’oltrepassamento dell’orizzonte”. Detto altrimenti, “il salto” rappresenta l’attuazione del progetto della verità dell’Essere; è un salto perché oramai ci si trova al cospetto di un oltrepassamento della metafisica, che considerava l’essere a partire dall’ente, mentre con il salto si parte dall’Essere inteso come evento-appropriazione.
A partire dal quinto capitolo, von Herrmann affronta in maniera sistematica la struttura stessa dei Contributi e quindi non soltanto il piano generale di questo trattato, ma anche le sei menzionate “fughe”, l’ultima delle quali concerne la controversa questione dell’ultimo Dio. Rinviando alla premessa di Alfieri per quel che concerne l’ultima “fuga”, è il caso di segnalare ai lettori come questo commentario di von Herrmann consenta agli studiosi di poter avere accesso alle fonti e di addentrarsi con strumenti ermeneutici adeguati all’interno di questo complesso “laboratorio” concettuale. D’altra parte, come lo stesso von Herrmann non manca di sottolineare nella sua prefazione (ivi, p. 19), lavori come i Sentieri interrotti, Saggi e discorsi, Cosa significa pensare, Il principio di ragione o Identità e differenza, poggiano proprio sul pensiero onto-storico consegnatoci nei Contributi. La scelta, da parte di von Herrmann, di privilegiare l’analisi testuale diretta fa sì che questo commentario si configuri quale opera imprescindibile per chiunque voglia confrontarsi con la radicalità dell’“altro inizio”.
