L’Ucraina e le indecisioni della Nato, Tricarico: “Serve un’unica volontà ma all’Europa manca l’intelligence Usa e la capacità di comando e controllo”

«La Nato è un ente autonomo e come tale può agire in piena libertà. Prima però deve avviare un processo di consultazione interna. Cosa che finora non è stata fatta». A dirlo è il generale Leonardo Tricarico, già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, riflettendo sull’ingresso o meno dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica, eventualità tornata oggetto di dibattito dopo il summit Trump-Putin in Alaska. «Non c’è nessun impedimento al fatto che la Nato decida di garantire la sicurezza dell’Ucraina. D’altronde, la prevedibile non unanimità a intervenire potrebbe essere superata con una coalizione di volenterosi come si fa in questi casi».

Generale, se l’Ucraina entrasse nella Nato scatterebbe subito l’art. 5. Come si supera questo ostacolo?
«Viviamo in un sistema in cui l’eccezione è diventata la regola. Impedimenti di questo tipo non sono fonte di preoccupazione. Dobbiamo chiederci se ci sia davvero la volontà comune di garantire la sicurezza a Kyiv contro un’altra aggressione da parte della Russia. In tal caso, si mette in piedi un piano di force offering. Ciascun Paese presenta quello che può essere il proprio contributo. Così anche le difficoltà di carattere normativo verrebbero superate».

D’altra parte l’aggressione è già stata fatta. La guerra è in corso.
«Sì, ma non è una guerra che riguarda la Nato. Sono Ucraina e Russia che si combattono da tre anni passati. L’Alleanza, semmai, ha commesso tanti errori e omissioni, tra cui non avviare un vero processo di consultazione interna, regolato dall’articolo 4 del Trattato e da farsi ogni volta che si crei una situazione di pericolo alle porte per qualunque Paese membro».

La nascita del gruppo dei volenterosi non è bastata?
«No. Perché non è così che si procede. Abbiamo assistito a delle fughe in avanti, soprattutto da parte della Francia di Macron che, da un lato, non hanno portato a nulla, dall’altro, hanno fatto fallire i piani prima ancora che vedessero la luce».

Generale, va detto che una qualsiasi decisione dev’essere vagliata dal Consiglio Atlantico. Lì Trump potrebbe trovare opposizione, paradossalmente, da quelli che sono i suoi alleati, l’Ungheria di Orban per prima.
«Come ho detto, la Nato si muove in autonomia. Ricordo che nei Balcani (Operazione Allied Force, nel 1999, in Kosovo, Ndr), l’Alleanza agì senza l’input di un organismo di rango superiore come l’Onu e senza l’unanimità. Lo stesso potrebbe accadere oggi. E sarebbe una manna dal cielo per Zelensky».

Con quali reazioni della Russia?
«La Russia dovrebbe accettare che Paesi Nato vengano schierati sul territorio ucraino a difesa della sua integrità territoriale. Questo è un tema che, sembra, rientri già nei negoziati che devono ancora partire. Lo ha detto l’inviato Usa, Steve Witkoff. Però è tutto in divenire. Tanto più che questa è la classica missione che si sa come inizia, ma non come finisce».

Lei ha accennato alla necessità di una force offering. Entriamo nello specifico del concetto.
«Una volta stabilito l’obiettivo della missione, si passa a definire chi può intervenire e con cosa. Quanti uomini servono? Con quali mezzi? Lì, tutti gli ardori di Macron verrebbero spenti da una doccia gelata. Ci si renderà conto di cosa manca, degli eccessi, ma soprattutto che non possiamo fare a meno degli Usa. Infatti, se oggi facciamo la somma di tutti gli eserciti europei, con tutte le capacità militari di ogni esercito nazionale, non si ricava uno strumento esaustivo in grado di garantire la sicurezza ipotizzata in Ucraina».

Cosa ci manca che gli Usa e solo loro possono fornire?
«Intelligence, che l’Europa non ha, e la capacità di comando e controllo. È bene dirlo, senza gli Stati Uniti, una missione come quella che si ha in mente non si può fare. Se Trump non vuole, tanto vale non parlarne nemmeno».

Invece l’Italia come potrebbe contribuire?
«L’Italia potrà tirar fuori i suoi gioielli più preziosi. Penso alle capacità di comando e controllo aerotrasportata, alle attività di sorveglianza, droni inclusi. Capacità messe a punto in missioni precedenti, integrabili agevolmente con quelle Usa».