Malekar: “L’Idf avvisa i civili prima di attaccare mentre Hamas non vuole rilasciare gli ostaggi”

Hamas utilizza ospedali e scuole come basi militari, mentre l’Idf – prima di colpire gli obiettivi – avvisa ogni abitante di Gaza: è questa la differenza di fondo tra un’organizzazione terroristica che usa i civili come scudi umani e un Esercito che tiene alla popolazione. Molly Malekar, executive director di Amnesty International – Sezione israeliana mette in guardia sulla disinformazione contro lo Stato ebraico: «La mancanza di accesso a Gaza da parte dei media e dei gruppi umanitari lascia campo libero alle fake news e alle manipolazioni».

La BBC inglese ha ritirato il documentario «Gaza: How to survival a warzone», ammettendo che le fonti (Hamas) hanno mentito e che il documentario conteneva «errori inaccettabili». Pochi giorni fa il Washington Post ha ritirato l’articolo in cui l’Idf sparava ai civili in attesa di cibo poiché si trattava di una notizia completamente falsa. C’è o non c’è questo fantomatico genocidio a Gaza?
«Ricordo che da gennaio 2025 la sezione israeliana di Amnesty International è sospesa dalla sede centrale del movimento globale a Londra, proprio a causa di una nostra riserva pubblica sul rapporto pubblicato dalla sede centrale che conclude che Israele stia commettendo crimini di genocidio a Gaza. La nostra sezione ritiene obiettivamente che il movimento globale abbia scelto di utilizzare il termine “genocidio” in un modo che non è conforme al diritto internazionale e alla sua definizione. Attualmente è in corso un’inchiesta interna sulla legalità della nostra sospensione. Quindi parlo in via ufficiosa, a titolo personale».

Ci si dimentica che questa guerra, con i suoi attacchi barbarici ai civili israeliani, è stata iniziata da Hamas, e arriva dopo 70 anni di continue aggressioni degli arabi contro Israele. Che non ha mai attaccato per prima, ma si è sempre dovuta difendere per sopravvivere.

«Di certo ormai il clima politico è estremo: da un lato ci sono le spinte radicali islamiste all’annientamento di Israele e il crescente antisemitismo internazionale, dall’altro l’intolleranza di alcuni gruppi ebrei che hanno acquisito potere e legittimità all’interno del governo israeliano. Bisogna capire che la società israeliana è ancora profondamente traumatizzata dal 7 ottobre 2023, e non è disposta a mostrare alcuna solidarietà o fiducia nella popolazione di Gaza. E la questione degli ostaggi è una ferita aperta nel cuore della maggior parte degli israeliani».

E nel frattempo corrono le fake news su media e social. La narrativa della fame a Gaza esiste solo grazie alla propaganda di Hamas, mentre si tace sul lavoro compiuto dalla GHF che distribuisce milioni di pasti al giorno sotto la protezione dell’Idf e di squadre militari americane.

«Si hanno davvero scarse informazioni sulla realtà di Gaza. Tutte le informazioni disponibili sono molto sporadiche, imparziali e inaffidabili. A Gaza ci sono alcuni gruppi e segmenti, affiliati ai gruppi al potere locali (Hamas e altri clan militarizzati e trafficanti di droga), che godono sicuramente di una certa protezione e di un migliore accesso a cibo e aiuti umanitari. E a volte la maggioranza non ne beneficia».

Sì, in effetti è ormai acquisito – tramite le testimonianze dei gazawi, filmati e interviste varie – che Hamas stia facendo di tutto per impedire che il cibo arrivi alla propria popolazione, anche sparando sui suoi stessi civili. Dai militari israeliani sono stati liberati depositi giganteschi di derrate alimentari che Hamas teneva chiusi per affamare la popolazione dando la colpa a Israele. È arrivato proprio in questi giorni perfino il comunicato dell’Autorità nazionale palestinese sul proprio organo ufficiale (Al-Hayat Al-Jadida) che condanna Hamas per aver ucciso i cittadini di Gaza in cerca di cibo, mentre in Occidente accusano Israele ascoltando solo Al Jazeera, ossia la tv di Hamas. La popolazione di Gaza non la pensa certo come l’Occidente riguardo Hamas.

«Proprio su questo aspetto consiglierei caldamente di ascoltare Ahmed Fouad Alkhatib, saudita originario di Gaza, una persona molto coraggiosa. Questo osservatore arabo è molto attivo e schietto sullo stato d’animo della popolazione di Gaza, e non esita a criticare Hamas e altri gruppi miliziani per i loro comportamenti e le loro responsabilità in questa tragedia».

A proposito di fake news confutate, è vero che quando l’Idf colpisce ospedali e scuole a Gaza, quegli edifici vengono in realtà usati come basi militari da Hamas?

«Ci sono non poche prove su ciò, comprese le testimonianze di ostaggi, sull’uso di strutture mediche da parte di Hamas per scopi militari. Il fatto è che bombardare strutture mediche è considerato un crimine di guerra».

Così è sufficiente dichiarare che è stato colpito un edificio ospedaliero, pure se è inattivo e usato come base militare, perché si scateni subito la condanna mondiale contro l’Idf e Netanyahu sia considerato un criminale di guerra. Ma in realtà il crimine è commesso da Hamas.

«In effetti la mancanza di accesso a Gaza da parte dei media e dei gruppi umanitari lascia campo libero alla disinformazione, alle fake news e alle manipolazioni, ciascuna secondo la propria agenda politica».

È vero che l’Esercito israeliano prima di colpire un bersaglio avvisa i civili con telefonate e sms a ogni abitante, oltre ad annunci di ogni tipo? È l’unico caso al mondo e nella storia di un Esercito che prima di colpire avvisa.

«Sì, è vero, si tratta di una pratica tipica delle autorità israeliane, confermata anche dalla popolazione di Gaza: l’Idf intima alla popolazione di evacuare la zona prima di colpire un obiettivo militare».

Tutti auspichiamo la fine di questo martirio, anche per i pochi ostaggi ancora in vita.

«Credo che il governo israeliano abbia una grande responsabilità nel garantire che venga raggiunto un accordo adeguato per il rientro degli ostaggi in patria».

Speriamo. Purtroppo anche oggi assistiamo all’ennesimo rifiuto di Hamas di rilasciare gli ostaggi e fermare la guerra. Grazie per questa conversazione.
«Confido che le mie riflessioni siano d’aiuto per portare un po’ di chiarezza».