Il 15 marzo del 44 a.C. moriva Giulio Cesare che, dopo molte campagne militari vinte con fatica contro i Galli, i Germani e i Britanni, tornò a Roma esautorando gli altri due componenti del celebre triumvirato (Crasso e Pompeo) per dar vita a una dittatura. Crasso era un imprenditore edile e possessore di un antesignano del Monte dei Pegni, mentre Pompeo rappresentava l’ala politica di questa struttura di comando che non poteva funzionare a lungo. Cesare, tornato a Roma dopo la vittoriosa guerra contro i Germani, nel 50 a.C. all’incirca, cominciò subito ad attuare il suo piano, inducendo il Senato a confiscare le proprietà di Crasso, che fu ucciso in un modo atroce. Condusse una sottile campagna contro i ricchi patrizi, dando vita a un movimento populista, partecipato dalla plebe, alla quale venne promesso l’uso gratuito dei mezzi pubblici e il pane quasi gratis. Crasso venne sequestrato dai tribuni della plebe ed ucciso facendogli inghiottire dell’oro fuso. Pompeo, invece, perse la vita nel 48 a.C. perché, fuggito in Egitto, affrontò militarmente Cesare (che tornava a Roma con le sue invincibili legioni, attraversando il famoso Rubicone) nella battaglia di Farsalo. Giunto nella capitale, Cesare si mosse come un dittatore populista, conquistando una grossa fetta popolare (in pratica buona parte della plebe) e sviluppando un vero e proprio “piano regolatore della Città”, che, alla luce delle vicende negative che ancora oggi attanagliano la capitale, si può definire come l’unico P.R.G. (Piano Regolatore Generale) mai approvato. Mentre cresceva la sua popolarità nel popolo, precipitavano i suoi rapporti con la classe dei patrizi, che iniziarono a contestarlo prima nelle sedi istituzionali e poi in Senato, apertamente. Padrone indiscusso dell’esercito, Giulio Cesare, aveva anche a disposizione una vera e propria struttura militare di genieri che dimostrarono il loro valore proprio nella campagna contro i Germani, dove costruirono due ponti per attraversare il Reno: uno di servizio, realizzato in un mese e un altro che consentì il passaggio dei legionari con potenti e pesanti macchine da guerra, realizzato in sei mesi. Forte di questa “sub legione” di tecnici elaborò il “piano” per la costruzione della “città degli uffici”, tra il Campidoglio e l’Aventino, che prevedeva la confisca e la demolizione delle ville patrizie costruite su questo colle. L’impatto politico fu violento e i patrizi cominciarono ad accusare Giulio Cesare di voler affamare la classe patrizia e di voler assumere il titolo e la funzione di “Dux”, con esautoramento del Senato. Il suo figliastro, Bruto, fu nominato tribuno della plebe ed attirò a sé un gran numero di popolani, cosicché Giulio Cesare fu accerchiato ed infine ucciso nelle famose Idi di marzo, dove la leggenda narra che il primo colpo fu inferto proprio da Bruto, cui Cesare rivolse la famosa frase “quoque tu, Brute, fili mi…!”.
Mamdami, un Giulio Cesare a New York
Queste vicende, che i normali libri di storia non tramandano, ci portano direttamente alla notte tra il 4 e il 5 novembre 2025, dove a New York è stato eletto il primo sindaco musulmano della storia, tale Mamdami, del partito democratico, fino ad ora emerito sconosciuto. Viene descritto come militante del Partito Democratico, ma non è così e vediamo perché. Innanzi tutto è appoggiato da Benny Sanders, la cui connotazione è tra i “comunisti” d’America, con profondo credo antiebraico. Si ricorda che nei suoi programmi, quando correva per la presidenza degli Stati Uniti, c’era la “nazionalizzazione” della famosissima “borsa dei diamanti” della più importante città americana, New York, appunto, finora in mano agli ebrei ortodossi, quindi un vero e proprio squillo di tromba, che però non ha svegliato nessuna coscienza. Il suo pupillo, Mamdami, parte con il proclama antisraeliano che prevede l’arresto di Netanyahu, qualora dovesse mettere piede in città. Altri punti forti del programma sono la gratuità di tutti i mezzi di trasporto e delle scuole dell’obbligo, la gratuità dei servizi sanitari per i non abbienti ed il prezzo politico calmierato nei supermercati; inoltre la riqualificazione delle periferie, a cominciare dal Bronx.
Mamdami, le supertasse ai più ricchi come le campagna contro i patrizi
Per portare avanti questi programmi, che di democratico hanno ben poco, mentre sanno del più radicale populismo, Mamdami prevede di supertassare i più ricchi, che o se ne andranno da New York oppure tenteranno, comunque, di contrastarlo. È ovvio che un programma del genere abbia fatto presa sulla maggioranza dell’elettorato, ma un altro “specchietto per le allodole” è stata la sua rigida posizione contro Israele, che ha dato ampio respiro al più accanito movimento pro islam del pianeta. Mamdami, inoltre, non ha indicato in nessun modo come finanzierà questo nuovo regno di Bengodi e, quindi, si può dire che tutto si saprà all’apertura del vaso di “Pandora”, la cui previsione si riassume nel famoso detto latino “mala tempora currunt, sed peiora parantur”.
