Manipolazione dei seggi negli Usa, così i politici scelgono gli elettori: il caso Texas e il disegno di Trump per rafforzarsi in Parlamento

Empty chairs belonging to House Democrats remain empty during a session convocation in the State Capitol, Tuesday, Aug. 5, 2025, in Austin, Texas. (AP Photo/Rodolfo Gonzalez) Associated Press / LaPresse Only italy and spain

In uno degli Stati più grandi dell’America si sta consumando un potente atto di opposizione. In Texas, infatti, è in discussione un controverso piano di ristrutturazione dei confini dei seggi elettorali per la House of Representatives, che rappresenta un chiaro caso di gerrymandering, ovvero la pratica per la quale ridisegnare i seggi serve scopi strettamente politici e non puramente demografici.

È stato il presidente Trump in persona a dire che i repubblicani avrebbero “diritto” ad avere i 5 seggi in più che il progetto di redistricting porterebbe al GOP. Questo sta cercando tutti i modi possibili per ridurre al minimo i problemi che una perdita di seggi alle elezioni di medio termine del 2026 potrebbero portare alla sua già debole maggioranza nella Camera bassa di Washington. I democratici delle istituzioni statali del Texas, rispettivamente 62 su 150 nella camera bassa e 11 su 31 nel Senato statale, non trovando altri modi per esprimere il loro dissenso, hanno deciso di allontanarsi dallo Stato. Questo perché la legge texana prevede che senza un quorum dei due terzi dei componenti della legislatura statale non si possa procedere ad una votazione. Al tempo stesso, il governatore ha il potere di forzare il singolo deputato a partecipare in aula qualora si trovi nel territorio dello Stato.

Ecco perché i dem si sono rifugiati in Illinois: una scelta non casuale, dato che sembra essere uno degli Stati democratici che starebbero cercando di rispondere con forza al piano texano. Oltre all’Illinois, anche lo Stato di New York e la California, guidata dal battagliero Gavin Newsom, si stanno attivando per garantire un maggior numero di seggi al loro partito. In California, addirittura, sta circolando un piano di gerrymandering che potrebbe portare ai democratici tutti e 52 i seggi dello Stato alla House. Newsom avrebbe intenzione di valutare un referendum per superare l’autorità indipendente che si occupa del redistricting nello Stato.

Nella pratica, però, cosa succederà in Texas? È probabile che l’ostruzionismo democratico non duri a lungo, perché i repubblicani hanno tempo fino a novembre per poter votare il piano, e le regole dello Stato prevedono una multa di 500 dollari al giorno per i rappresentanti che lasciano lo Stato durante la sessione legislativa. C’è addirittura chi ha ventilato la possibilità che il Governatore, in caso di assenza prolungata, possa dichiarare vacanti i seggi, facendo decadere i rappresentanti assenti. A detta di tanti commentatori, però, questa opzione sembra comunque lontana dall’essere applicata. Anche se Greg Abbott procedesse su questa linea, si dovrebbe comunque passare per i tribunali, che dovrebbero accertare che la richiesta del Governatore sia legittima. La risposta più facile per i democratici, a quel punto, sarebbe fare ricorso, allungando i tempi e rendendo quindi sconveniente questo processo per i repubblicani. È probabile, quindi, che il piano di gerrymandering texano passi.

La situazione rimane estremamente tesa e potrebbe avere delle conseguenze rilevanti anche a livello nazionale. Detto ciò, è evidente che la polarizzazione sta portando a un sistema che si allontana sempre di più dalla democrazia rappresentativa. Si tratta di un contesto in cui già una scarsissima percentuale dei parlamentari nazionali viene eletta in seggi competitivi, in quello che ormai è un sistema politico in cui sono i politici a scegliere i propri elettori e non viceversa.