Maresca ‘accusa’ Melillo, anche per il procuratore porte girevoli tra politica e magistratura: “Ministro ombra”

Sono giorni di polemiche, questi. Ma anche giorni della memoria. Più o meno dichiaratamente, l’esercizio è riportare alla mente casi di magistrati che sono stati politici e poi sono tornati a fare i magistrati. Catello Maresca, il protagonista del caso politico-giuridiziario del momento, al centro delle polemiche e di questi esercizi di memoria, alcuni nomi di suoi colleghi con un passato nella politica li ha fatti apertamente nella dichiarazione con cui l’altra sera ha replicato, sbottando quasi, dopo l’ennesima giornata di commenti e valutazioni sulla decisione del Csm (peraltro tutt’altro che convinta, visto che ci sono stati dieci astenuti e undici voti favorevoli) di acconsentire al suo rientro in magistratura (come consigliere della Corte d’appello di Campobasso) pur senza abbandonare il posto appena conquistato di consigliere comunale a Napoli.

Alcuni nomi, dicevamo, Maresca li ha fatti. «Non esiste nessun caso Maresca – ha detto – perché ho rispettato la legge come hanno fatto Gennaro Marasca, assessore nella giunta comunale di Bassolino, Nicola Marrone, sindaco di Portici, Nicola Graziano, consigliere ad Aversa, Mariano Brianda, consigliere a Sassari». Altri nomi, però, non li ha detti apertamente, limitandosi a riferimenti tra le righe, quelli a «centinaia di colleghi chiamati da ministri di partito a rivestire cariche nell’esecutivo e che poi rientrano tranquillamente in servizio, conservando peraltro la sede di provenienza». Gli stessi riferimenti che rimbalzano da giorni negli ambienti della giustizia napoletana. Perché quando si affronta il discorso dei rapporti tra magistratura e politica, pensa anche al capo della Procura di Napoli, Giovanni Melillo, che nel suo brillante curriculum vanta anche l’esperienza in via Arenula come capo di Gabinetto dell’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando. Per un certo periodo, Melillo fu soprannominato “ministro ombra”. Dopo quell’incarico il procuratore è stato nominato alla guida dell’ufficio inquirente napoletano, dal quale proveniva per averci già lavorato come procuratore aggiunto. Il vento della polemica agitato dal tema delle porte girevoli arriva così anche all’interno del palazzo di vetro del Centro direzionale.

Soffia su tutta la Cittadella giudiziaria. E nel vociare di questi giorni si coglie anche il dettaglio che Catello Maresca è stato assegnato come giudice a Campobasso, sede dei processi d’appello, a carico di magistrati di Roma, definiti in primo grado a Perugia. Insomma, intrecci, ipotesi, imbarazzi, da Palazzo dei Marescialli ai palazzi della giustizia napoletana. E gli avvocati? «Nel mio ragionamento non vi è alcun giudizio sulla persona di Catello Maresca che stimo e apprezzo dal punto di vista professionale ed umano. Vi è però un tema centrale che continua incredibilmente ad essere ignorato e non regolamentato, e attiene alle forme e alla modalità con le quali un magistrato può esercitare attivamente l’attività politica» commenta Marco Campora, presidente della Camera penale di Napoli.

«Da anni si critica il sistema di “porte girevoli” tra magistratura e politica, senza che a tali critiche sia mai seguita una riforma legislativa che impedisca o quantomeno ponga dei paletti a questo fenomeno che rischia di inquinare uno dei fondamenti delle democrazie moderne, e cioè la separazione dei poteri». «La politica, dal canto suo, dovrebbe aver imparato che continuare a chiedere la supplenza e un ombrello di protezione alla magistratura è un’opzione foriera esclusivamente di gravi danni sia dal punto di vista democratico che da quello di buona amministrazione. Urge una legge. Nelle more l’auspicio è che il Csm ponga fine a prassi poco decorose e contrarie ai principi di una sana democrazia».