È passato oltre un anno da quando Mario Paciolla, il 33enne cooperante napoletano è stato trovato morto, impiccato a un lenzuolo, il 15 luglio 2020 a San Vicente del Caguan, in Colombia. Ma la sua morte è ancora avvolta nel mistero, un caso irrisolto. La versione del suicidio da subito ha destato numerose perplessità, una richiesta di Giustizia ancora non esaudita. Ed è questo che la mamma di Mario, Anna Motta Paciolla, non smette di gridare: “Dobbiamo restituire dignità e onore a nostro figlio e lo possiamo fare solo con la ‘verità vera’”.
La famiglia Paciolla non si dà pace e cerca la verità in ogni modo. “Non è solo per la necessità di avere giustizia – ha spiegato Anna Motta Paciolla intervistata dal Mattino – Ma anche per la dignità di Mario stesso, che è stato infangato. Questo non lo possiamo consentire. Lui aveva una eccezionale rettitudine morale, e non era uno sprovveduto. Era un operatore esperto, che peraltro lavorava per una grande organizzazione come l’Onu”.
Nel giorno in cui una nuova iniziativa è stata lanciata dal sindacato Unitario Giornalisti per non spegnere i riflettori sulla vicenda, la mamma di Mario torna a parlare. “Ci sono tre indagini in corso – ha detto la signora Motta Paciolla -, una in Italia, una in Colombia e una interna all’Onu. Ma noi ne sappiamo poco. Qualcosa lo conosciamo attraverso la stampa”.
Non hanno mai creduto nemmeno per un’istante all’ipotesi del suicidio. “Mio figlio non aveva alcun motivo per un gesto simile, visto che era un ragazzo pieno di vita, circondato di amici, totalmente lontano da qualunque idea di questo tipo – continua la mamma – Ma soprattutto per quelle che sono state le nostre ultime conversazioni. Mario aveva organizzato il suo ritorno. Era ormai imminente. Eravamo in pieno periodo Covid e tornare dalla Colombia non era facile. Ma lui aveva già spedito le sue valigie, che io ho aperto e trovato nell’ordine che lui seguiva in questi casi. Aveva organizzato il suo arrivo a Florencia e da lì sarebbe dovuto volare a Bogotà, per poi raggiungere Parigi, dove peraltro aveva fatto l’Erasmus e sentiva come casa sua. Da Parigi poi sarebbe venuto a Napoli con maggiore facilità. Era già pronto per fare anche una quarantena qui, a Napoli, dove aveva un suo piccolo appartamento. Si sarebbe isolato per qualche giorno per non mettere noi a rischio Covid. Era tutto pronto. Non c’era alcun elemento che facesse presagire un gesto estremo”.
Eppure quell’ipotesi sembra non ancora essere stata scartata ufficialmente dalle indagini. Anna Motta Paciolla spiega di non sapere ancora se dopo l’autopsia fatta in Italia l’ipotesi è stata definitivamente scartata dal punto di vista giudiziario. Per lei la verità su quanto accaduto sta negli ultimi 5 giorni di vita di Mario, e non si stancherà mai di ripeterlo: “Ha avuto giorni di grande preoccupazione per il suo lavoro. Era in apprensione per alcuni report e in quei giorni sicuramente è accaduto qualcosa che poi ha determinato la tragedia. Lì bisogna fare chiarezza e cercare la verità”.
Il dolore per la perdita del figlio si fa ancora più acuto in prossimità delle feste natalizie. “È una sofferenza lacerante. La perdita di un figlio non dà più diritto alla felicità. Il tempo non sana nulla”, dice la mamma. E racconta dei suoi ritorni, di quella richiesta comune a tanti ragazzi che abitano fuori sede fatte alle madri di trovare il frigo pieno del buon cibo di casa. Mario era un ragazzo come tanti che partono seguendo un ideale, con la voglia di fare il bene.
“Al governo e alla politica chiediamo attenzione e tutela per i giovani che sono ancora impegnati nel mondo – ha detto Anna Motta Paciolla – Questa gioventù così limpida, così volenterosa, deve essere protetta, tutelata. Non parlo solo del governo italiano. Mi riferisco anche all’Onu. Mio figlio è un morto sul lavoro. Se un muratore muore su un cantiere si deve chiedere contro all’impresa dove lavorava. Che cosa ha fatto l’Onu per tutelare mio figlio? Come lo ha protetto? Queste sono le domande a cui cerchiamo risposta”.
