Esteri
Maryam Rajavi, il tempo delle ambiguità è finito. Il discorso alla Camera: “Diamo la spallata al regime in Iran”
Il futuro dell’Iran non si costruisce con i compromessi sulla pelle dei suoi martiri. Le parole di Maryam Rajavi, pronunciate ieri nella Sala Regina del Parlamento italiano, hanno attraversato il silenzio con la forza di un grido necessario. Alla conferenza internazionale dal titolo “Il prossimo massacro iraniano si sta svolgendo in piena vista”, organizzata per denunciare l’ennesima ondata di esecuzioni politiche da parte del regime di Teheran, la presidente eletta del Consiglio nazionale della resistenza iraniana ha messo in chiaro che il tempo delle ambiguità è finito.
Le dichiarazioni
«Solo tre giorni fa la dittatura religiosa in Iran ha commesso un altro crimine atroce: l’esecuzione di due membri dell’Organizzazione dei Mojahedin del popolo iraniano. Questo atto brutale fa parte di un modello di repressione in corso, un crimine contro i giovani iraniani, la cui unica colpa è stata il loro desiderio di libertà», ha dichiarato Rajavi. Il momento più toccante della giornata è arrivato quando ha citato i 14 prigionieri politici dell’OMPI attualmente nel braccio della morte. I loro nomi non devono essere dimenticati. La loro sorte non può dipendere solo dalla clemenza di un dittatore. L’Europa e l’Italia devono agire.
Il sostegno
E proprio su questo punto si sono levate numerose voci di sostegno. L’ex presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha lanciato un duro atto d’accusa contro la politica di appeasement: «Abbiamo cercato di coinvolgere il regime, ma ha abusato della nostra buona volontà e della nostra sincerità. Tutti vediamo la natura di questa dittatura. Zero rispetto per la dignità e i diritti fondamentali. E massima oppressione e repressione. In questo contesto, il silenzio è complicità. Il nostro silenzio diventa la nostra debolezza, ed è la forza dell’aggressore».
Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della Commissione Affari europei del Senato, ha aggiunto: «Il CNRI e la sua presidente eletta offrono un piano veramente democratico in 10 punti per il futuro dell’Iran. L’esecuzione di due membri dell’OMPI e l’incombente minaccia per altri 14 mostrano dove i mullah vedono la loro minaccia esistenziale. L’Italia e l’Europa devono opporsi a questa barbarie». Un consenso trasversale, dunque, ha attraversato le fila parlamentari. La deputata Naike Gruppioni ha colpito nel segno, sottolineando che «il regime misogino iraniano teme soprattutto Rajavi, poiché non solo rappresenta una valida alternativa democratica, ma è anche fonte di aspirazione per il popolo iraniano». Pure il senatore Lucio Malan ha espresso parole inequivocabili: «Ciò che vi guida è il vostro amore per il vostro Paese. Non vedo l’ora di visitare un Iran libero».
La voce degli Stati Uniti è arrivata con l’intervento di Linda Chavez, ex consigliera della Casa Bianca sotto Reagan: «Il cambio di regime in Iran non può essere ottenuto con un intervento militare esterno, il cambiamento deve venire dall’interno e dal popolo iraniano. Il popolo iraniano dice no a Khamenei e no al ritorno alla monarchia».
Una nota di pathos ha concluso la conferenza con la mostra allestita in Piazza dei Santi Apostoli: centinaia di fotografie dei caduti nelle proteste recenti, ognuna accompagnata da un fiore rosso e una bandiera. Un solenne tributo alle vite perse nella ricerca della libertà. Una galleria silenziosa e potentissima, capace di raccontare ciò che le parole spesso non sono in grado di dire.
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