Le parole di Sergio Mattarella sui droni non sono un inciso tecnico né un avvertimento generico. Quando il Capo dello Stato osserva che questo strumento “si sta affermando con forza” e che in Europa sta già producendo “ingressi abusivi e allarmanti”, certifica un cambio d’epoca. La guerra ha superato una nuova soglia, e l’illusione che la tecnologia fosse solo un moltiplicatore neutro di capacità militari è definitivamente caduta.
Mattarella l’atlantista suona la sveglia sui droni: “Ingressi abusivi e allarmanti”
Davanti ai contingenti impegnati nelle missioni internazionali, Mattarella ha colto il punto politico essenziale: “In ogni ambito e in ogni versante si sono ampliati i confini”. Non solo geografici, ma operativi, cognitivi, tecnologici. La sicurezza non è più confinabile, la minaccia non è più lineare, il fronte non è più distinguibile dal retroterra. È la guerra non convenzionale che entra nello spazio europeo con mezzi poveri, agili, difficili da intercettare, capaci di colpire infrastrutture critiche, sistemi militari, opinione pubblica. In questo quadro, la Russia rappresenta il paradigma della minaccia contemporanea. Non solo per la brutalità dell’aggressione all’Ucraina, ma per la sistematicità con cui Mosca ha trasformato il conflitto in un laboratorio permanente: droni a basso costo, saturazione delle difese, adattamento continuo delle tattiche, integrazione tra dominio militare e pressione psicologica. È una strategia che mira a erodere la resilienza occidentale prima ancora che a vincere sul campo.
L’Europa, e l’Italia con essa, non possono permettersi una risposta burocratica o diluita. La vera posta in gioco è il tempo. Ogni ritardo nell’affrontare la sfida tecnologica è un vantaggio concesso a chi ha già accettato l’idea di una guerra permanente a bassa intensità. Le forze armate, come ha riconosciuto il Presidente, stanno rispondendo “con efficienza ed efficacia”. Ma senza una guida politica all’altezza, l’adattamento rischia di restare frammentario.
Cosa ha imparato Kiev
Qui entra in gioco l’Ucraina. Non come destinataria passiva di aiuti, ma come depositaria di un know-how strategico irripetibile. Kyiv ha imparato, sotto il fuoco, a innovare più velocemente dell’avversario, a integrare tecnologia civile e militare, a trasformare la necessità in dottrina. Perdere questa esperienza sarebbe un errore storico. Assorbirla, invece, significa rafforzare l’autonomia strategica europea. La sfida dei droni è, in definitiva, una sfida di sovranità. Non riguarda solo i cieli, ma la capacità dell’Europa di pensarsi come attore politico maturo in un mondo instabile. Mattarella ha indicato la direzione con sobrietà istituzionale. Ora spetta alla politica dimostrare di saper correre alla stessa velocità della storia.
