Ci voleva il vertice a Bruxelles per misurare la scarsa centralità, per non dire impotenza, dell’Unione europea sul quadrante mediorientale. E la “Lanterna”, simbolo iconico dell’Europa building, per testimoniare che nonostante la serietà della premier in politica estera, la politica italiana è una baruffa chiozzotta da cortile di periferia.
Giorgia Meloni scansa la tradizionale conferenza stampa di fine Consiglio e dà appuntamento ai giornalisti alla Lanterna che domina il salone d’ingresso dell’Europa building per il punto finale. Le cose che restano sul taccuino non sono molte. Il suo palese nervosismo. E questa affermazione: “Non ci sono problemi con Salvini, non ci sono problemi con Tajani, non ci sono problemi con la maggioranza e non ci sono problemi con Mediaset. Come dimostrano l’unità e la compattezza con cui portiamo avanti i provvedimenti”. Peccato che il linguaggio del corpo della premier e una lunga lista di fatti dicano esattamente il contrario.
A cominciare dall’evidenza che la premier è stata costretta in queste 24 ore ad occuparsi più delle polemiche interne che dell’ordine del giorno del Vertice europeo. Giovedì pomeriggio i 27 leader europei non avevano ancora iniziato la riunione quando da Roma rimbalzavano i no di Lega e Forza Italia alle nuove tasse previste dalla legge di bilancio, alle nuove pensioni più magre e più anziane, ai prelievi forzosi da parte dell’Agenzia delle entrate sui conti correnti dei cittadini evasori. Una lunga teoria di No correlata dall’affermazione del vicepremier Salvini: “Avete letto solo bozze, il testo finale cambierà”. Bozze di una legge di bilancio approvata in Consiglio dei ministri il 16 ottobre, già inviata a Bruxelles ma non ancora in Parlamento e che la premier e il ministro economico Giorgetti avevano blindato nell’iter parlamentare.
Chiarito che “non ci saranno prelievi forzosi sui conti correnti più di quanto non siano previsti già adesso” e che il testo definitivo (“datemi il tempo di tornare a palazzo Chigi”) arriverà in Parlamento lunedì, Meloni cerca di fare il bilancio del Vertice. Un bilancio per lei “molto positivo perché le istanze italiane sono accolte e recepite e si dimostra così la centralità dell’Italia nello scenario geopolitico attuale”. Su tutti i dossier trattati: Israele, flussi migratori e nuove regole per il patto di stabilità. In realtà il bilancio è più magro di come viene descritto.
I 27, tranne Ungheria e Slovacchia, hanno ribadito il supporto totale all’Ucraina. Sulla base degli stessi principi – il rispetto delle regole internazionali e dell’autodeterminazione dei popoli e degli stati nei loro legittimi confini – l’Europa ha trovato l’intesa anche sul conflitto israelo-palestinese. Non è stato facile perché nei giorni scorsi si era creata una frattura tra l’ala più filo atlantica e filo Israele guidata da Von der Leyen e una più moderata e comprensiva delle ragioni palestinesi di cui si sono fatti portavoce il presidente Michel e il commissario Borrell.
La mediazione, dopo cinque ore di trattativa, ha prodotto il trucco lessicale delle “pause umanitarie”, non pausa (più lunga e definita), non cessate il fuoco come invece chiedono le Nazioni Unite. “Al fianco di Israele ma aiutando le gente di Gaza” è la sintesi dei 27. L’Europa non ha, purtroppo, gli strumenti per essere protagonista nel quadrante mediorientale. Nella risoluzione finale emerge la volontà di rafforzare l’Autorità nazionale palestinese a cui va riconsegnata l’amministrazione della Striscia e di isolare Hamas e il suo bluff. Un piano concordato con Washington e che offre all’Europa la possibilità di avere un ruolo in questa delicatissima partita. Si tratta ora di mettere a terra il piano. “In tempi rapidi” chiede Meloni. La Spagna, che ha la presidenza del semestre, ha proposto una Conferenza di pace.
Fumata grigia sui dossier economici in agenda all’Eurosummit. Del Mes si è parlato poco o nulla. E non del caso italiano. Eppure entro la fine dell’anno l’Italia dovrà votare il trattato. “Come facciamo a votare una cosa che fa riferimento a norme che devono cambiare (quelle del Patto di Stabilità, ndr)?”. Meloni ha avuto un bilaterale con la presidente della Bce Christine Lagarde. “Abbiamo concordato la necessità di approvare le nuove regole del Patto di stabilità entro la fine dell’anno” ha detto la premier. “Di procedere con la logica del pacchetto per cui tutto va valutato nell’insieme e di scomputare dal rapporto deficit/ pil le spese per la difesa e per la transizione ecologica”. Poi subito in volo per Roma. A sciogliere la matassa della sua maggioranza e a cercare le risorse per coprire la legge di bilancio.
