Milano e i giovani politici, Tavolaro: “Qui il costo della vita cresce più in fretta degli stipendi, si corre il rischio di spingere talenti verso altre metropoli”

L’inchiesta sulla rigenerazione urbana che ha scosso Palazzo Marino apre interrogativi che vanno oltre i profili giudiziari. Come percepiscono i più giovani esponenti della maggioranza che sostiene Beppe Sala la messa in discussione di quel “modello Milano” nel quale sono cresciuti? Ne abbiamo parlato con Alberto Tavolaro e Lorenzo Pacini, due volti della nuova generazione politica milanese. Tavolaro, ventenne, è il responsabile giovanile di Azione a Milano. A soli 18 anni è diventato il più giovane responsabile Under 30 del partito di Calenda in una grande città, occupandosi di salute mentale e diritti sociali. Pacini, classe 1996, è assessore del Municipio 1 con deleghe a Verde, Casa, Lavori Stradali, Scuole e Politiche Giovanili, nonché dirigente cittadino del Partito Democratico. Due profili diversi ma accomunati dall’appartenenza alla coalizione di centrosinistra e da una visione generazionale della città. Entrambi si sono formati politicamente nel pieno del “rinascimento” milanese post-Expo, quando la narrazione della metropoli efficiente e attrattiva sembrava inattaccabile. Oggi, di fronte alle ombre dell’inchiesta, pur con differenti visioni politiche il loro sguardo comprende la difesa di un modello che sentono proprio e la necessità di un ripensamento critico che la loro generazione invoca.

L’intervista ad Alberto Tavolaro

La Milano messa in discussione dall’inchiesta sulla rigenerazione urbana è la metropoli della tua generazione. Cosa provi? È la crisi di una visione di città?
«Il clamore mediatico dell’inchiesta ha creato smarrimento tra molti ragazzi della mia generazione. Se certe notizie scuotono gli addetti ai lavori, figuriamoci chi, come molti giovani, guarda la politica da fuori. In un contesto dominato dai pregiudizi, media e politica hanno amplificato un’inchiesta non ancora conclusa, senza offrire strumenti per capire davvero cosa stesse accadendo. È così che la politica, tra schiamazzi di dimissioni in Consiglio Comunale e foto satiriche sui social, perde credibilità agli occhi dei giovani. Nonostante tutto, non credo che ci sia una crisi di visione della città, ma una battuta d’arresto. Serve fermarsi, riprendere fiato e correggere la rotta, con coraggio e obiettivi chiari».

Meno grattacieli e più equilibrio abitativo? Meno Finanza e più economia? Meno progetti per il centro e più per le periferie? O tutte queste cose possono coesistere?
«Credo che tutte queste istanze possano coesistere, ma servono equilibrio, trasparenza e regole chiare. Ha ragione chi chiede più equilibrio abitativo: la città si è sviluppata molto negli ultimi 15 anni, ma il rinnovamento ha coinvolto solo una piccola fetta di abitanti. La Milano del futuro deve essere attenta all’eterogeneità del suo tessuto sociale e alla qualità della vita in tutta la città, senza però adottare un approccio respingente rispetto agli investimenti stranieri».

Qualcosa è andato fuori controllo? Cosa? Perchè?
«Penso che il giudizio finale sul rinnovamento della città di Milano possa ritenersi sospeso, visti gli interventi di rigenerazione urbana maggiormente orientati al sociale non ancora terminati o neanche iniziati, come il recupero dello Scalo Ferroviario di Porta Romana oppure la riconversione dell’Ex Macello».

Tu non hai vissuto tangentopoli, ma ne hai appresi il racconto, storico e politico. Pensi che si stia riproponendo?
«Non penso si possa parlare di Tangentopoli 2.0: sarebbe antistorico diffondere questa narrazione. Negli ultimi mesi ci sono state inchieste che hanno avuto per oggetto l’operato di amministratori locali di punta anche fuori da Milano, ma qui, ad oggi, non emergono elementi di corruzione sistemica paragonabili a quelli di Tangentopoli».

Milano è ancora la città delle opportunità, dell’accoglienza?
«Milano, nonostante tutto, rimane la città italiana con più opportunità universitarie e lavorative, sia per chi viene da fuori che per chi ci vive. Va però tenuta alta l’attenzione sul costo della vita, che cresce più in fretta degli stipendi. A lungo andare, questo rischio può spingere sempre più giovani talenti verso altre metropoli europee».

Milano capitale morale. È una definizione che rimane attuale?
«Milano può ancora essere definita capitale morale perché rimane la città più moderna, europea e innovativa d’Italia, nonché locomotiva economica del Paese. Ma serve un impegno costante per meritare questa definizione».

Si è sempre detto che questa città rappresenta un laboratorio politico. Dall’interno della tua generazione, lo vivi così? Che ruolo deve avere la politica nel progettare la città?
«Per la mia generazione Milano è una città-laboratorio e un luogo di confronto politico, come dimostra la presenza nelle istituzioni cittadine di molti giovani amministratori. Ma oggi serve più protagonismo della politica nella progettazione della città, che in questi anni è mancato nella maggioranza Sala, di cui anche Azione fa parte. Per ripartire non serve rinnegare il tanto citato “modello Milano”, ma una nuova intermediazione tra cittadini e istituzioni».

Un provvedimento che ritieni sia urgente in generale e riguardo la rigenerazione urbana
«Bisogna assolutamente risolvere la questione dei tre progetti di studentati a Rogoredo, Greco Breda e San Leonardo, finanziati dal PNRR ma mai realizzati, che avrebbero dovuto ospitare 1530 studenti. Per la rigenerazione urbana, come sollecitato da Azione, è urgente che a settembre venga approvata la delibera di vendita di San Siro, così da poter riqualificare adeguatamente tutta l’area circostante».