Milano, il Pd pensa già al dopo-Sala: Calabresi favorito, può unire il campo largo. Rebus centrodestra: Resta o Assolombarda

Ventiquattro ore dopo il Consiglio comunale più difficile della sua carriera politica, Milano si sveglia con un assessore in meno e molte domande in più. Il dato politico che emerge dai corridoi del potere milanese è chiaro: il Pd ha salvato Sala, ma a caro prezzo. Fonti fanno sapere di trattative serrate, con il segretario cittadino Alessandro Capelli – espressione della maggioranza interna al partito che sostiene la segretaria – che è impegnato a mediare tra le diverse anime democratiche. Da una parte i fedelissimi del sindaco, dall’altra l’area Schlein che chiederebbe discontinuità, anche per non creare un precedente di distanza con Sinistra, Verdi e M5S che porterebbe problemi a livello nazionale e in vista di prossime, delicate elezioni regionali. L’inchiesta avrebbe accelerato i tempi per l’individuazione di un candidato per il dopo-Sala, con un profilo alto che accontenti tutti. E ieri tornava a circolare il nome di Mario Calabresi.

La solitudine di Tancredi

Ma il vero dramma si è consumato nell’ufficio di Giancarlo Tancredi. “La mia coscienza è pulita – ha spiegato l’assessore in Aula commosso, dopo aver ricevuto gli abbracci dei colleghi di Giunta – Questo mio gesto spero sia di aiuto per una maggiore serenità, e per giungere il prima possibile a una dimensione di chiarezza e giustizia”. Parole che nascondono un’amarezza profonda verso quel Pd che, come ha detto lo stesso Tancredi, si è limitato “a chiedere le mie dimissioni, senza avere contezza di quanto sia realmente accaduto”.

Tancredi ha incontrato il suo avvocato per delineare la linea difensiva in vista dell’interrogatorio preventivo, oggi davanti al gip, ma la partita politica era già chiusa domenica sera, quando è arrivato il messaggio: Tancredi doveva essere sacrificato per salvare Sala e l’intera amministrazione.

San Siro, il primo test

Il vero banco di prova sarà San Siro. “Dobbiamo riavviare il percorso consiliare relativo allo stadio”, ha detto il sindaco Sala in Consiglio comunale. Ma, ha precisato, “da settembre”. Fonti interne al Pd rivelano che domenica sera, durante l’incontro con il primo cittadino, i vertici dem avrebbero posto condizioni precise: niente accelerazioni su San Siro finché non si chiarisce il quadro giudiziario. Una mossa che di fatto congela l’operazione, che rischia di saltare definitivamente se non si chiude entro novembre.

Il centrodestra alla finestra (ma con crepe interne)

Mentre il centrosinistra è in fermento, l’opposizione studia le mosse. Ma anche qui l’inchiesta sta facendo emergere spaccature. “Se tutte le indagini comportassero delle dimissioni, sarebbe il caos più completo”. Lo ha detto al Tg3 il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, mostrando un garantismo che stride con le posizioni più aggressive di FdI e Lega. È soprattutto Forza Italia a cogliere l’occasione per alzare la testa. “Noi di Forza Italia, da Tajani in giù, il garantismo lo pratichiamo sempre, non solo quando conviene”, ha dichiarato Gianluca Comazzi in Consiglio comunale, marcando la differenza con gli alleati.

Matteo Salvini ne ha approfittato per parlare di candidati sindaci. “Accelerare sulla scelta? Sì, ma a prescindere dalle inchieste. Io delle idee le ho, degli incontri li ho fatti”. Ma dietro le quinte la battaglia è aperta. Mentre gira il nome di Ferruccio Resta, ex rettore del Politecnico sponsorizzato proprio da Forza Italia, nel vortice dei rumor, fuori dall’Aula del Consiglio comunale, una fonte ben informata avvisa: “C’è anche un altro nome, viene da Assolombarda”.

Il vero nodo: l’urbanistica

Ma il cuore del problema resta l’urbanistica. Dai documenti dell’inchiesta emerge che la Procura è convinta che esista un «sistema», cioè un gruppo di persone composto da membri della Commissione comunale per il paesaggio, altri soggetti dell’amministrazione di Milano, progettisti privati e costruttori.

Un funzionario, dietro l’anonimato, confida: “Il problema non è Tancredi, è il modello. Per anni abbiamo lavorato con una interpretazione estensiva delle norme, convinti di fare il bene della città. Ora ci dicono che era tutto sbagliato. Ma chi firma più una pratica?”. Il paradosso è che proprio mentre Milano avrebbe bisogno di accelerare – Olimpiadi 2026, Pnrr, emergenza casa – la città si trova impantanata in una palude politico-giudiziaria. E mentre Sala rivendica le mani pulite, il fango dell’inchiesta rischia di sporcare tutto: progetti, ambizioni, futuro.