Milano, quando l’efficienza diventa sospetta: ora la città rischia di affondare

C’è un paradosso che sta avvelenando Milano. Mentre l’Europa guarda con ammirazione al modello milanese – l’unica metropoli italiana capace di competere con Londra, Parigi e Francoforte – l’inchiesta della Procura sembra tracciare il profilo della mutazione dell’efficienza in reato. Il risultato in parte è già duecento progetti fermi, cinque miliardi di investimenti bloccati, trentotto miliardi di prodotto perduto nei prossimi cinque anni.

Intendiamoci, l’inchiesta giudiziaria in corso solleva interrogativi legittimi su possibili responsabilità individuali. Ma c’è una linea sottile tra perseguire eventuali reati e criminalizzare un intero modello di sviluppo urbano. Milano ha scelto la strada della semplificazione burocratica, della rapidità decisionale, della collaborazione pubblico-privato.

Una strada che ha trasformato aree industriali dismesse in spazi pubblici, uffici, abitazioni. Che ha creato lavoro e ricchezza. Ora scopriamo che questa efficienza è sospetta. Che velocizzare le pratiche urbanistiche, anche rispettando le leggi regionali, può essere letto come favore alla speculazione. È il teorema perfetto per paralizzare una città che corre mentre il resto del Paese arranca.

Il danno non è solo economico. È la credibilità stessa di Milano come piazza affidabile per gli investitori internazionali a essere minata. Attenzione, perché se la certezza del diritto viene sostituita dalla discrezionalità interpretativa il rischio è che i capitali (e lo sviluppo) cerchino altri lidi. Milano non è perfetta. La sua crescita tumultuosa ha creato squilibri che vanno corretti. Ma trasformare l’innovazione amministrativa in materia di inchiesta significa condannare l’Italia all’immobilismo. Se anche l’unico modello di successo del Paese diventa colpevole, quale futuro ci attende?