Ministero della Cultura, la Corte dei Conti può bocciare la nomina di Brugnoni. Il precedente Lanna-Sangiuliano

Si profila un nuovo caso spinoso per il Ministero della Cultura (Mic) e per il ministro Alessandro Giuli, deciso a puntare su Giorgio Carlo Brugnoni come successore di Nicola Borrelli alla Direzione generale Cinema e Audiovisivo. Ma la partita, stando alle norme e ai precedenti, appare tutta in salita: la Corte dei Conti potrebbe infatti bocciare la nomina, come già accaduto in passato in casi simili.

La questione ruota attorno a un punto fermo della normativa italiana: per guidare una Direzione generale della Pubblica amministrazione occorre aver ricoperto un incarico dirigenziale per almeno cinque anni. Un requisito che Brugnoni non possiede. Arrivato due anni fa dalla Cassa Depositi e Prestiti, Brugnoni è stato prima consigliere del ministro, poi vice capo di gabinetto. Ma l’esperienza nella macchina amministrativa centrale dello Stato, quella vera, gli manca (specie nel cinema e audiovisivo). E questo potrebbe rendere la nomina vulnerabile, se non del tutto impraticabile.

Il precedente Lanna e il rischio figuraccia

Il film sembra già visto. Nel 2022 l’allora ministro Gennaro Sangiuliano aveva tentato la stessa mossa con Stefano Lanna, nominato direttore generale degli Archivi senza avere i requisiti. La Corte dei Conti bloccò tutto, obbligando il Ministero a ritirare tutto. Lanna fu in seguito nominato dirigente con il comma 6 nel gabinetto del ministro, una scorciatoia normativa oggi non più percorribile perché non vi sono più posti e margini per nomine di questo genere. Questa forma contrattuale si basa sull’articolo 19, comma 6, del Decreto Legislativo 165/2001 (Testo Unico sul Pubblico Impiego) ed è utilizzata per assegnare incarichi dirigenziali ad personam. La domanda quindi sorge spontanea: il Mic sta rischiando la stessa figuraccia?

L’ipotesi Pnrr: una toppa peggiore del buco

Negli ultimi giorni è spuntata un’ipotesi creativa: sfruttare le norme legate al Pnrr per aggirare il problema dei cinque anni. Ma ci sono altri due scogli giganteschi: il Pnrr prevede incarichi legati all’attuazione del Piano, non a direzioni generali con competenze solo parziali sul Pnrr; anche se la nomina passasse, sarebbe a scadenza entro il 2026, trasformando un incarico strategico in una partita a tempo. Il messaggio ai giudici contabili di Viale Mazzini è chiaro: la Pubblica amministrazione non è un terreno per sperimentazioni azzardate. Insistere su Brugnoni senza i requisiti rischia di aprire un nuovo fronte tra Ministero e Corte dei Conti, con il pericolo concreto di un’altra bocciatura. Il Mic e il ministro Giuli, insomma, hanno davanti un bivio: cercare un nome con i requisiti o andare incontro a un prevedibile stop.