Si svolgerà il 22 marzo a Milano la presentazione della piattaforma “Morire di pena. Per l’abolizione di ergastolo e 41 bis”, dopo la diffusione di un documento on-line che ha raccolto più di cinquecento adesioni individuali e quasi trecento sottoscrizioni tra gruppi, associazioni e collettivi. A promuovere l’incontro una rete di realtà impegnate nel mondo della cultura e nella tutela dei diritti, sindacati di base, avvocati, attivisti e addetti ai lavori dell’universo penitenziario.
All’iniziativa (a partire dalle 18:00 alla Casa della cultura di Milano – via Borgogna, 3) interverranno Daria Bignardi, Gad Lerner, oltre agli avvocati Edoardo Rossi e Gaia Tessitore e alla presidente di Antigone Lombardia, Valeria Verdolini. Alla presentazione sono stati invitati tutti i firmatari del documento di lancio della piattaforma, tra cui Ascanio Celestini, Goffredo Fofi, Alessandro Bergonzoni, Antonio Capuano, Vinicio Capossela, Pietro Marcello, Elio Germano, Cochi Ponzoni, Maurizio Braucci, Valentina Bellè, Pino Mauro, i 99 Posse, gli Assalti Frontali, i Punkreas, ZeroCalcare, Jorit, Alberto Prunetti, Elena Stancanelli, Chef Rubio e Nicola Vicidomini.
L’obiettivo dichiarato di Morire di pena è quello di una sensibilizzazione dell’opinione pubblica rispetto al necessario superamento degli istituti penitenziari dell’ergastolo e del 41bis, dopo che il caso dell’anarchico Alfredo Cospito – tuttora in sciopero della fame proprio in lotta contro questi regimi carcerari – ha sollevato indignazione e ha mobilitato personalità e realtà collettive in tutto il paese.
“Fin dalla sua nascita – denuncia il coordinamento del comitato – il 41bis si è mostrato come uno strumento di ricatto per spingere i detenuti alla collaborazione con la magistratura, fondato su pratiche di vera e propria tortura. Le condizioni inumane di detenzione previste da questo istituto si concretizzano in isolamento in celle di pochi metri quadri, limitazioni all’ora d’aria, sorveglianza continua, limitazione o eliminazione dei colloqui con i familiari, controllo della posta, limitazione di oggetti in cella persino come penne, quaderni e libri. Un progressivo annientamento che provoca danni incalcolabili nel corpo e nella psiche dei detenuti. […] L’ergastolo, assimilabile in tutto e per tutto alla pena di morte, è invece l’istituto con il quale lo Stato prende possesso del corpo di un individuo, arrogandosi la prerogativa di decidere discrezionalmente se, come e quando restituirgliela attraverso la ‘libertà condizionale’ per ‘buona condotta’, senza che questi possa mai venire a conoscenza dei tempi e dei modi del suo eventuale rientro nel consesso sociale. Al netto della inumanità di una punizione a vita, che cancella nell’individuo le idee stesse di ‘speranza’ e di possibile reinserimento nella comunità, l’ergastolo è incompatibile con la Costituzione e con l’idea di ‘rieducazione’ del condannato”.
