Morta cadendo dal balcone, assolti dopo 9 anni i due imputati del caso Martina Rossi

“Non c’è niente, Martina non c’è più, e anche la giustizia non c’è più”. Così Bruno Rossi, il padre di Martina, la 20enne genovese precipitata dal terrazzo di una camera di albergo a Palma di Maiorca il 3 agosto 2011, ha commentato a caldo la sentenza di assoluzione per Alessandro Albertoni e Lucca Vanneschi nel processo di appello, a Firenze, per la morte della figlia. I due imputati, 29enni di Castiglion Fibocchi (Arezzo), che in primo grado erano stati condannati a 6 anni dal tribunale di Arezzo per tentata violenza sessuale di gruppo e morte come conseguenza di altro reato, sono stati assolti dai giudici della corte d’appello “perché il fatto non sussiste“. Nel novembre dello scorso anno era caduto in prescrizione il capo d’imputazione di morte come conseguenza di altro reato. Il procuratore generale Luciana Singlitico aveva chiesto tre anni di reclusione, per l’unico capo d’imputazione rimasto in piedi.

Il verdetto della corte, presieduta da Angela Annese, è arrivato alle 18 di martedì, a quasi nove anni dai fatti. La giustizia spagnola aveva chiuso il caso, poi riaperto a Genova e trasmesso ad Arezzo per competenza.

Secondo l’accusa, Martina cadde dal terrazzo nel tentativo di sfuggire a una violenza sessuale. La notte del 3 agosto del 2011, di ritorno da una serata in discoteca, la ragazza salì in camera dei due giovani di Castiglion Fibocchi perché nella sua le amiche erano in compagnia degli altri due ragazzi della comitiva di aretini e avevano formato due coppie. Secondo l’accusa, la giovane sarebbe stata oggetto di un tentativo di stupro e avrebbe tentato una fuga disperata: vide il muretto sul balcone, che separava la stanza dei due giovani da un’altra, e lo considerò la via di fuga ideale, ma in preda alla paura successiva all’aggressione e tradita dalla scarsa vista, poiché era miope e non aveva gli occhiali in quel momento, perse l’equilibrio e cadde nel vuoto, quasi sulla verticale del muretto stesso.

Il muretto che separava le due camere, un divisorio di circa un metro di altezza e quaranta centimetri di larghezza, secondo i legali della difesa, Stefano Buricchi e Tiberio Baroni, avvocati rispettivamente di Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, sarebbe stata, invece, la prova del suicidio della giovane perché poteva essere scavalcato con facilità, e se Martina fosse voluta scappare, avrebbe potuto farlo senza grosse difficoltà. Albertoni e Vanneschi, nel corso del processo d’appello, hanno rilasciato dichiarazioni spontanee per ribadire la loro innocenza. Albertoni ha sostenuto, poi, che la ventenne genovese si sarebbe buttata dal balcone perché in stato confusionale dovuto al fatto che poco prima avevano fumato insieme uno spinello.

I genitori di Martina, che non hanno perso nessuna udienza dei processi, hanno assistito alla lettura del dispositivo tenendosi per mano. “Sono arrabbiato, l’assoluzione perché il fatto non sussiste, vuol dire infangare l’onore di Martina, vuol dire sostenere che è volata giù da sola“, ha aggiunto Bruno Rossi prima di allontanarsi dall’aula. Ben diverso l’umore dei due imputati, anch’essi presenti alla lettura del dispositivo della sentenza. Per Luca Vanneschi “è la fine di un incubo durato nove anni”.