Morte Massimo Melluso, i familiari: “Fate l’autopsia, non si è ucciso: troppi i punti oscuri”

“Vogliamo sapere come è morto nostro figlio, solo questo”. E’ l’appello dei familiari di Massimo Melluso (che dagli amici si faceva chiamare Alessio “perché gli piaceva di più questo secondo nome”), il 32enne napoletano trovato morto nella mattinata di sabato 26 giugno in un capanno di Ventimiglia di Sicilia, in provincia di Palermo. E’ stato trovato impiccato a una trave dal suo compagno, con il quale stava da sette anni, buona parte dei quali vissuti a Roma ad eccezione degli ultimi 13 mesi trascorsi in Sicilia.

Maria Vincenzino, la mamma del 32enne, e i suoi figli (Annamaria, Roberta e Andrea) hanno chiesto alla Procura di Termini Imerese che venga riesumato il corpo e fatta l‘autopsia per far luce sulle cause del decesso. “Amava la vita, era felice: una persona così può arrivare ad ammazzarsi?” chiedono i suoi cari che quando sono arrivati nel comune palermitano, lo scorso 27 giugno, hanno trovato il figlio direttamente in una bara dopo essere stati avvertiti del decesso soltanto nel pomeriggio (“dopo le 16”) dai carabinieri e non dal compagno o dalla sua famiglia.

“E’ stato straziante, non ho potuto nemmeno vestirlo” racconta mamma Maria. Nella giornata di ieri, venerdì 30 luglio, a oltre un mese di distanza dall’esposto presentato in Procura, familiari e amici di Massimo si sono ritrovati in piazza Carlo III a Napoli per un flash mob.

Troppi i punti oscuri: dal cellulare di Massimo utilizzato da ignoti dopo il decesso (forse per cancellare messaggio, foto o altro materiale utile alle indagini) agli accertamenti iniziali considerati superficiali da parte della famiglia, alle ultime ore di vita del 32enne che era andato con le fiale di insulina nel capannone dove accudiva animali per assistere alcuni coniglietti diabetici. “Possibile che non abbia riportato alcuna ferita, escoriazione, pur cadendo per diversi metri dopo che il compagno ha tagliato la fune con il quale si sarebbe impiccato Massimo?” chiedono i suoi cari.

In una lettera rivolta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la mamma del 32enne ha raccontato tutta la sua disperazione unendola a varie perplessità. “La procura di Ventimiglia – si legge – lo ha dichiarato un suicidio senza fare un’autopsia. La sfuggente analisi al corpo esanime di Massimo è stata la sola arma concessa alla memoria di mio figlio. Mi rivolgo a lei presidente perché è la voce di tutti noi e grazie a lei il mio grido di dolore potrà arrivare anche alla Procura di Termini Imerese. Chiedo un’istruttoria adeguata, chiedo un’indagine che sappia rispettare i dettami di giustizia e verità. Chiedo la riapertura che sappia lenire la sofferenza di chi non riesce e non vuole darsi pace, chiedo l’intervento di un anatomopatologo, perché ritengo che per dichiarare un suicidio prima si debba fare un’accurata autopsia. Signor presidente mio figlio non si è suicidato! Non si sarebbe mai spinto ad un gesto cosi estremo, non di sua volontà. Amava la vita, il suo continuo sguardo verso il futuro, il sorriso che ad ogni istante sapeva riservare a sé e a chi gli fosse accanto, l’amore che nutriva verso i suoi animali e per il suo compagno con il quale conviveva da 7 anni sono il fondamento e il sostegno di ogni mia certezza. Presidente, mio figlio non si è ucciso! Massimo conduceva una vita serena anche in ambito lavorativo, aveva un allevamento di conigli ariete nano: “Gli amici di Matilde“, che andava a gonfie vele, e collezionava e restaurava Barbie che vendeva tramite il suo sito online Barbie new life. Ecco, Presidente, come ha potuto capire da ciò che le ho scritto, mio figlio era un ragazzo sereno, e non avrebbe avuto motivi per togliersi la vita. Spero di avere presto una risposta. E spero nel suo aiuto… saluti…”.