Natascia Savio in digiuno di protesta, reclusa a 1.000 chilometri di distanza da casa e avvocato

Questa è la storia di Natascia Savio militante anarchica che sta facendo lo sciopero della fame dal 17 giugno scorso nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, quello dei pestaggi e delle torture ai danni dei detenuti dove l’inchiesta della magistratura ha portato all’emissione di 52 misure cautelari per agenti e funzionari penitenziari.

Natascia Savio considera lesi i suoi diritti di reclusa e di imputata in due processi in corso a Torino e Genova. Nel capoluogo piemontese la donna risponde di associazione sovversiva ma a piede libero perché le manette erano state annullate dal Tribunale del Riesame. Al centro del processo genovese ci sono invece alcuni pacchi esplosivi.
Savio protesta contro le condizioni detentive che le impediscono di avere rapporti con i familiari e soprattutto con il suo avvocato Claudio Novaro con cui è in pratica impossibilitata a preparare le udienze. Natascia Savio è detenuta dal marzo di due anni fa e dal marzo scorso proprio nell’imminenza dei due processi è stata trasferita nella prigione di Santa Maria Capua Vetere che dista circa mille chilometri dal luogo di residenza della famiglia e dallo studio del suo legale.

L’avvocato Claudio Novaro ha scritto al Garante dei detenuti che l’ha risposto spiegando di aver avviato un’interlocuzione con il Ministero della Giustizia. Il legale racconta inoltre di aver inviato plurime istanze al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria nella speranza di ottenere un trasferimento in un carcere vicino ai luoghi di celebrazione dei due processi e attrezzato al fine di consentire la consultazione degli atti. Il tutto finora senza esito alcuno. La presidente della corte d’Assise di Torino alla quale era stata mandata per conoscenza la richiesta di trasferimento per Natascia Savio aveva espresso parere favorevole spiegando che il procedimento prevedibilmente impegnerà diverse udienze con cadenza di almeno una per settimana. Dice l’avvocato Novaro che i continui trasferimenti tra un carcere e l’altro hanno visto la detenuta sempre in quarantena sanitaria, di avere a disposizione soldi per la spesa interna e i propri vestiti.

Sempre secondo il difensore la donna è reclusa 24 ore al giorno senza la possibilità di fare l’ora d’aria. Inoltre sarebbe sparita la vecchia cartella clinica e ne è stata predisposta una nuova. I parametri vitali vengono rilevati da un infermiere «che la pesa non tutti i giorni e le misura la pressione. La glicemia è stata rilevata in una sola occasione».
L’avvocato ricorda le diverse raccomandazioni del Consiglio d’Europa secondo le quali i detenuti hanno diritto di mantenere rapporti normali con i familiari. «Ancora una volta si tocca con mano la divaricazione che si produce sul piano del concreto trattamento penitenziario tra l’empireo dei principi e la realtà materiale delle condizioni detentive» scrive l’avvocato nella memoria inviata al Garante e al Dap.

Novaro ricorda anche che la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere non prevede la possibilità di video-chiamate a distanza tra i detenuti e i loro difensori. Nei giorni scorsi il legale ha parlato con la sua assistita per una decina di minuti per telefono e sino al prossimo mese non avrà più diritto di comunicare per discutere della linea di difesa.