L’omicidio di Charlie Kirk aggiunge la voce “ragioni politiche” tra quei fattori di instabilità che potrebbero spingere il presidente a dare un ordine di mobilitazione interna, mai avvenuto nella storia degli Stati Uniti. Da inizio mandato, Trump ha invocato più volte l’Insurrection Act del 1807, che gli permetterebbe di schierare truppe federali per reprimere insurrezioni, ribellioni o violenze interne. Siamo a questo punto?
Nel 1867, con il Military Reconstruction Act, l’allora presidente Andrew Johnson, con l’ok del Congresso, impose la legge marziale agli Stati del Sud. Era appena finita la guerra civile, si doveva ripulire il Paese dalle forze paramilitari suprematiste bianche di Ku Klux Klan, Red Shirts e White Leagues. La pacificazione fu raggiunta solo nel 1877. Oggi gli States non sono nella stessa condizione. D’altra parte, sono noti i focolai di violenza. Criminalità di vario genere, immigrazione incontrollata e attentati politici, appunto. Quello di Kirk fa il paio con il fallito attentato contro lo stesso Trump a luglio dello scorso anno, in campagna elettorale. Nella lista andrebbe ricordato anche l’assalto a Capitol Hill del gennaio 2021. Ma Trump ha perdonato praticamente tutti gli assalitori. Erano amici che sbagliavano.
Le tre domande e i numeri in campo
Tutto questo, però, porta a tre domande: quanti uomini servirebbero? Quanti soldi? Quali procedure costituzionali permetterebbero alla Casa Bianca di controllare il territorio nazionale – usiamo un’espressione forte – manu militari? Sono circa 3,6 milioni gli uomini e le donne della sicurezza nazionale Usa. Una forza composta da militari (2,6 milioni, tra attivi, riserva e civili) e agenzie di sicurezza. L’Ice per l’immigrazione conta 20mila agenti; seguono il Department of Homeland Security (80mila unità), l’Fbi (70mila), la Dea per l’antidroga (10mila), l’Atf per alcol, tabacco, armi da fuoco ed esplosivi (8mila), il Secret Service (13mila) e la Border Patrol (22mila). Tutti organi sotto il controllo presidenziale. Sono abbastanza? No. Nel 1865 Washington aveva a disposizione un esercito di 1 milione di uomini su una popolazione di 31 milioni, oggi schizzata a 347 milioni.
Più armi che cittadini
Nel Paese ci sono più armi che cittadini (120 armi ogni 100 abitanti). Serve quindi un salto di quantità, ma anche di qualità. Questo vuol dire spendere. Il budget proposto dal governo federale per la sicurezza interna, nel 2026, prevede un aumento del 65% rispetto agli anni precedenti. L’obiettivo è arrivare a 170,7 miliardi di dollari. Niente rispetto agli 880 miliardi e passa in mano al Pentagono. Troppo in rapporto al deficit, che quest’anno supera i 290 miliardi di dollari. Trump si è già mosso per sfalciare, con il Doge di Musk, i costi della Pubblica amministrazione. Il successo è stato relativo, viste le ricadute nei sondaggi. I dazi, dice il Dipartimento del Tesoro, dovrebbero dare un po’ di respiro. Al netto che nessun economista, nemmeno conservatore, gli dà ragione, è troppo presto per quantificare i benefici. Qui poi si presenta un problema di immagine. Il Maga vuole rilanciare l’economia, creare posti di lavoro e migliorare la vita del ceto medio-basso. Non militarizzare il Paese.
Infine c’è la procedura. Sulla carta, le forze federali possono essere mobilitate dal presidente. Soprattutto quando ha il pieno controllo di Congresso e Corte Suprema. Non è il caso di Trump. Ma a porsi di traverso ci sarebbe il Posse Comitatus Act del 1878, che proibisce alle truppe federali di intervenire negli affari degli Stati federati. Lì la sicurezza è in mano a governatori, sindaci e sceriffi.
