Netanyahu e l’occupazione totale di Gaza, per tutti è escalation, nessuno ricorda gli ostaggi e la neutralizzazione definitiva di Hamas

Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu speaks to the audience at a conference in Jerusalem, Sunday, July 27, 2025. (AP Photo/Ohad Zwigenberg)

La copertura mediatica odierna del conflitto in Medio Oriente è dominata dall’ipotesi di una occupazione totale della Striscia di Gaza da parte di Israele, scenario evocato da Netanyahu e interpretato dai giornali italiani quasi esclusivamente in chiave di escalation, aggressione e “follia militare”, con poco spazio alle ragioni strategiche e umanitarie legate alla liberazione degli ostaggi e alla neutralizzazione definitiva di Hamas.

Gran parte delle testate insiste sul dramma della fame a Gaza, riproponendo l’immagine di un popolo ostaggio di Israele, ignorando o minimizzando il ruolo di Hamas che da mesi “sottrae gli aiuti, militarizza le aree civili, spara sulle distribuzioni alimentari” per alimentare la propaganda del “genocidio”. Repubblica e Corriere amplificano titoli come “Uccidere con la fame è tipico dei regimi” (Maraini) o “Gocce di cibo in un mare di fame” (Tonacci), senza una verifica indipendente delle cifre e delle dinamiche, lasciando Israele nel ruolo di unico carnefice.

Sul fronte politico, diversi giornali parlano di “crisi interna israeliana”, evocando divisioni tra Netanyahu e l’IDF, opposizione di ex-007 e intellettuali ebrei che chiedono il riconoscimento dello Stato di Palestina. La narrativa dominante costruisce un Israele “isolato”, “fuori controllo”, e pronto a occupare Gaza per mera volontà espansionistica. Rarissimi i riferimenti al contesto reale: una guerra scatenata da Hamas il 7 ottobre, la necessità di liberare decine di ostaggi, la minaccia costante di razzi e incursioni dalla Striscia.

Poche voci provano a bilanciare il quadro. Sul Riformista, Iuri Maria Prado smonta le manipolazioni ONU e di certa stampa italiana (“le Nazioni Unite straparlano, il Corriere ripete”), mentre Ruben Della Rocca denuncia la “complicità mediatica” con Hamas, paragonando i tunnel di Gaza a veri e propri lager per civili prigionieri dei terroristi. Sul Foglio, Ferrara analizza come l’Occidente tenga “la coscienza appesa a Hamas”, incapace di condannarne i crimini e ipnotizzato da una narrazione unilaterale che attribuisce solo a Israele il peso della tragedia.

Il quadro complessivo è quello di una “campagna internazionale di pressione politica e mediatica”, in cui la complessità viene cancellata per imporre due assiomi: Israele colpevole, Hamas vittima. La sfida resta ribaltare questa rappresentazione, mostrando che la pace non può passare per concessioni unilaterali al terrorismo, né per processi mediatici senza contraddittorio.