Alcune centinaia di manifestanti invasero un casello autostradale e permisero per circa 40 minuti agli automobilisti di passare gratis oltre la sbarra. Non ci furono interventi di polizia o scontri, e dopo questa breve azione dimostrativa i manifestanti si ritirarono dalla sede autostradale. Per tutto questo, per questi 40 minuti di autostrada gratis, Nicoletta e altri dovranno scontare un anno di reclusione, Dana e altri addirittura due. È una condanna politica e non perché lo diciamo noi, ma perché lo afferma la stessa sentenza. Infatti ogni attenuante di legge e la condizionale agli incensurati sono state negate, secondo la sentenza, «...tenuto conto del carattere altamente organizzato dell’azione delittuosa che dimostra il collegamento degli imputati con l’ala più radicale e violenta del movimento NoTav e di conseguenza la PERICOLOSITÀ SOCIALE dei prevenuti…». Una condanna fondata su teoremi senza prove e con un giudizio, quello della pericolosità sociale, rispolverato pari pari dal codice fascista Rocco. Un giudizio sulle persone e non sui loro comportamenti. La “pericolosità sociale” di Nicoletta e dei NoTav è la cittadinanza attiva e cosciente, la solidarietà, la difesa del territorio dalla devastazione ambientale. Mentre il governo tratta con una multinazionale che vuole immunità penale sui disastri ambientali dell’Ilva, chi lotta contro la distruzione di decine di migliaia di alberi in Valle Susa è socialmente pericoloso e deve essere carcerato. È un mondo rovesciato, contro il quale per me è giusto ribellarsi, come hanno fatto e fanno Nicoletta e i NoTav. Nicoletta Dosio, per denunciare la ferocia repressiva di questa sentenza, che si aggiunge a migliaia di procedimenti penali e di polizia che hanno colpito il movimento in Valle Susa, ha deciso di non chiedere misure alternative alla prigione. Dunque Nicoletta andrà in carcere, lo farà da militante sociale e civile e anche da grande professoressa lettere, visto che come esempio del suo comportamento ha citato “La caduta” di Giuseppe Parini. Io credo che sia dovere democratico, anche per chi non condivide sue idee, chiedere la liberazione di Nicoletta Dosio e dei NoTav. Affrontare con la prigione una protesta sociale è l’atto regressivo di un sistema politico che non vuole capire, non vuole discutere, che sa solo reprimere. È quindi anche per fermare questa regressione autoritaria, che prima o poi può colpire tutti, che bisogna protestare contro questa brutale sentenza.
Nicoletta sbattuta in carcere a 73 anni. La colpa? Essere No Tav
