E quanto a urla nessuno riesce a battere Giletti. Domenica sera era contornato da un pubblico in studio che rammentava un coro di prefiche: con ululatati, mugugni, applausi, sottolineava la rabbia contro Polimeni, impossibilitato quasi a replicare. Una scena terribile che dovrebbe essere dimenticata e che invece i siti dei giornali on line riprendono come esempio, modello. O forse come monito, come a dire: attenti, state zitti, non difendetevi dalle accuse, se no la prossima volta tocca a voi finire nella fossa. C’è da aver paura, da preoccuparsi e da sperare che una nuova televisione possa sorgere: senza urla, senza processi sommari, senza gogne. Nel 1994 il francese Daniel Soulez Lariviere manda in stampa il saggio Il circo mediatico giudiziario, titolo che è diventato anche espressione emblematica del cortocircuito che si è creato, soprattutto in Italia, tra giustizia e politica. Ma forse neanche Lariviere, per quanto profetico, poteva immaginare che in Italia quel circo diventasse così potente e conquistasse tanto spazio, monopolizzando la maggior parte dell’informazione e dei talk show. Il vulnus da lui denunciato era appena all’inizio, oggi i conduttori si sentono come il Grande Inquisitore dei Fratelli Karamazov di Dostoevskij, pronti a incarcerare anche Cristo purché gli ascolti vadano su.
Non è l’Arena, Massimo Giletti getta fango sulla Calabria
