Sono tornati i cagnolini di Pavlov. Nella politica italiana ricompaiono puntuali tutte le volte che qualcuno ipotizza di drizzare le storture della magistratura, ma stavolta – dopo le dichiarazioni programmatiche del Guardasigilli Carlo Nordio – il coretto è risultato più assordante e più conformista del solito.
Anche stavolta i cagnolini di Pavlov sono quelli che ad una sollecitazione ripetuta, rispondono sempre nello stesso modo. Certo, il riflesso condizionato “scoperto” ai primi del Novecento dal fisiologo russo Ivan Petrovic Pavlov riguardava la reazione di un animale in cattività ad uno stimolo condizionante, ma si è successivamente capito che quel riflesso si può estendere anche a certi atteggiamenti psicologici e politici. In questi giorni il riflesso condizionato ha colpito i “soliti noti”: politici giustizialisti e magistratura associata. Di solito al coro si unisce il giornalismo giudiziario che però stavolta si è superato.
Sui mali della magistratura esistono, come è giusto che sia, diagnosi e cure diverse. Così come, ancora oggi è divisiva la questione della separazione delle carriere, sulle quali peraltro si espresse favorevolmente Giovanni Falcone. Subordinando a quella riforma, un progresso della magistratura verso una indipendenza non solo formale ma anche sostanziale. Questo tipo di riforma divide ed è probabile che chi sostiene di volerla realizzare, debba saperla modulare bene, con la certezza di dover comunque attraversare le forche caudine di una guerriglia dura.
Ma su alcuni vizi conclamati della prassi giudiziaria, quelli oramai plateali, non è possibile coltivare ulteriori indugi e non dovrebbero più essere oggetto di contesa. Il ministro di Grazia e Giustizia Carlo Nordio ha parlato degli eccessi della cautela giudiziaria, finalizzata a strappare confessioni e dell’uso improprio delle intercettazioni. Uso troppo esteso, a strascico. E abuso da parte dei media che pubblicano quelle coperte da segreto istruttorio o di nessun interesse pubblico, se non quello voyeuristico e che spesso distruggono la reputazione delle persone. Che occorra intervenire su questi abusi, da tempo sono d’accordo in tanti e per questo sbalordiscono le reazioni di alcuni grandi media.
“La Repubblica” è arrivata a paragonare Nordio a Nerone, ma anche altri giornali si sono allineati. Certo, la ragione istintiva di questa opposizione frontale a Nordio è il risvolto di un posizionamento più generale da parte dei cosiddetti giornali progressisti, pregiudizialmente ostili all’attuale governo. C’è anche altro: i rapporti opachi tra una parte dei giornalisti giudiziari e alcuni magistrati, che diffondendo i propri atti giudiziari, dando così una mano alle loro inchieste. Piccolo cabotaggio, a spese di una giustizia giusta. Ma oramai è chiaro: la magistratura associata difende, spesso sinceramente, la propria corporazione, Ma che a guidare il fronte della conservazione siano, ora e sempre, i giornali, questa non è una buona notizia.
