Una nuova notte di sangue. La Russia ha lanciato 470 droni e 48 missili sulle regioni occidentali dell’Ucraina, con la città di Ternopil che è stata il cuore dell’attacco. E il bilancio finale, dopo una giornata di ricerche tra le macerie e di corse negli ospedali, è stato drammatico: 25 morti, di cui tre bambini, e oltre 70 feriti. Un massacro che ha fatto capire ancora una volta come la guerra di Mosca non sia concentrata solo sul Donbass, ma su tutto il Paese, senza alcuna distinzione. A Ternopil sono tati colpiti edifici residenziali.
Nella regione di Ivano-Frankivsk sono state attaccate le infrastrutture energetiche, obiettivo privilegiato dei raid russi anche nell’area di Leopoli, al confine con la Polonia, al punto che Varsavia è stata costretta a far decollare i suoi caccia. E come ha spiegato il presidente Volodymyr Zelensky, alcuni droni e missili hanno puntato anche le regioni di Kyiv, Mykolaiv, Cerkasy, Cernihiv e Dnipro. Una guerra senza esclusione di colpi, al punto che il ministro degli Esteri ucraino, Andrii Sybiha, ha chiarito che questo attacco sarà portato all’attenzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (dove però siede anche la Russia) e ha chiesto ancora una volta all’Occidente di fare di più per la difesa aerea del Paese.
Tutto questo avviene mentre la macchina della diplomazia non si ferma. Zelensky ieri ha incontrato ad Ankara il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan “Speriamo di riprendere gli scambi entro la fine dell’anno e di restituire un numero significativo di prigionieri. La Turchia ci sta aiutando molto in questo”, ha dichiarato alla fine dell’incontro il presidente ucraino. Erdoğan, dal canto suo, ha rilanciato l’idea di far ripartire il processo di Istanbul e ha confermato il suo impegno nel trovare una via per il cessate il fuoco e per la ricostruzione dell’Ucraina. Ma tutto passa da due protagonisti di questo lungo conflitto: Russia e Stati Uniti. La prima perché artefice dell’invasione. I secondi perché unico vero antagonista delle mire di Vladimir Putin su Kyiv e non solo.
Qualcosa, anche sul fronte dei rapporti bilaterali tra queste due potenze, si sta muovendo. Una delegazione militare statunitense è partita per la capitale ucraina per una “missione di accertamento dei fatti”. E la squadra americana, guidato dal segretario dell’Esercito Dan Driscoll e con la partecipazione del Capo di stato maggiore dell’esercito, il generale Randy George, e Chris Donahue, comandante dell’esercito Usa in Europa, sono arrivati in Ucraina per parlare con le loro controparti militari, ma anche con lo stesso Zelensky. E secondo le indiscrezioni della stampa statunitense, in particolare del Wall Street Journal, l’obiettivo è quello di fare incontrare i militari Usa anche con i russi. Una scelta che secondo Washington potrebbe essere utile a sbloccare il negoziato con Mosca perché più attenta a ciò che riguarda le questioni belliche.
Una strategia doppia, quella del presidente Donald Trump. Perché se da un lato manda i militari nelle capitali in guerra, dall’altra punta anche a coordinarsi con Putin per un eventuale piano di pace. A rivelarlo è stato Axios, secondo cui l’amministrazione repubblicana avrebbe elaborato una bozza di 28 punti discussa anche con i funzionari del Cremlino. Secondo il portale americano, i due protagonisti di questa trattativa sarebbero l’inviato Steve Witkoff e il negoziatore russo Kirill Dmitriev. E l’idea è di strutturare questo piano sulla fine dei combattimenti in Ucraina, le garanzie di sicurezza per Kyiv, le garanzie di sicurezza per l’Europa e le relazioni bilaterali tra Russia e Stati Uniti.
L’impressione è che a Mosca la proposta sia stata ascoltata e abbia trovato una certa accoglienza. Zelensky, dal canto suo, potrebbe essere costretto a cedere di fronte alle crescenti pressioni militari e quelle interne legate allo scandalo corruzione e a una popolazione stremata. Trump ha confermato più volte di volere chiudere il prima possibile il conflitto. Ma l’ottimismo della diplomazia è stato spesso abbattuto dalle evoluzioni sul campo di battaglia. Putin ha di nuovo sfidato il Regno Unito inviando a largo della Scozia la nave-spia Yantar E la strage di Ternopil è stato un primo segnale d’avvertimento.
