Leo Longanesi annotava che “un’idea imprecisa ha sempre un avvenire”, e il nostro Paese non ha mai mancato di confermare anche questa sferzata. Come avviene nell’oramai tradizionale dibattito sulla legge elettorale, costante politica in questa frastagliata e incompiuta Seconda Repubblica, dove si lancia il sasso per vedere cosa si muove nello stagno, e soprattutto perché in fondo la materia è talmente delicata che un piccolo errore potrebbe risultare fatale. Ne sanno qualcosa i fautori delle modifiche elettorali alla vigilia delle elezioni. Cosa ancora più affascinante quanto drammatica è la continuità che nella storia italiana ha avuto questa consuetudine. Siamo il Paese della “Costituzione materiale” definita da Costantino Mortati. Finita l’epoca dei partiti solidi, si è utilizzato lo strumento delle leggi elettorali per attraversare il mare in tempesta dell’instabilità e per confezionare la legge elettorale più idonea a garantire l’agognata stabilità e conseguente governabilità. Stante la non esistenza di una legge elettorale perfetta, resta la possibilità di confezionare un pacchetto che fornisca un risultato chiaro e soprattutto una maggioranza parlamentare solida. Possibilità che si è avuta restando alla Seconda Repubblica, unicamente dal 1994 al 2005, quando vigeva la tanto vituperata Legge Mattarella, dal nome del suo relatore di allora e che oggi è anche il Presidente della Repubblica. Il Mattarellum, così definito da Giovanni Sartori (che inaugurò la tradizionale prassi di latinizzare i nomi delle leggi elettorali), pur se bistrattato e criticato, ha garantito quella chiarezza di risultato e quella rappresentanza territoriale che oggi sono le parole d’ordine al centro degli auspici promozionali di una nuova previsione legislativa in materia.
Dopo il Mattarellum fu il caos
Dopo il Mattarellum fu il caos, o meglio il Porcellum, e dunque l’inizio della deriva. Da allora, se a livello teoretico abbiamo scomodato l’intera produzione storica in materia elettorale dall’assemblea di Atene alla Convenzione parigina, il risultato pratico è stato scarso, e più che deludente. Finora i pochi spiragli di stabilità si hanno per tenuta politica e solidità di una maggioranza, e non per diretto effetto della legge elettorale. Certo, il Mattarellum non era perfetto, ma in mancanza di una compiuta riforma come il premierato è ancora oggi la soluzione migliore, e richiede solo alcuni aggiustamenti dovuti alla riduzione dei parlamentari.
Il Mattarellum è ancora la soluzione migliore
Inoltre, attraverso i collegi uninominali attribuiva il 75% dei seggi su base maggioritaria e il restante 25% su base proporzionale. Lo scopo della quota proporzionale è proprio quello di limare i difetti del maggioritario – sistema che gli italiani hanno scelto con referendum – e garantire la massima rappresentatività. In più, i collegi uninominali garantiscono quell’adesione al territorio che è essenza di un sano rapporto tra elettori ed eletti, e risponde ai punti fissati e ribaditi dalla Consulta con la sentenza n. 1 del 2014.
La legge elettorale è già fatta, non richiede né alchimie né sforzi bizantini, ma un semplice quanto naturale aggiornamento. Quando poi avremo scelto cosa essere, allora si potrà finalmente pensare a un sistema elettorale considerato come definitivo, ammesso che una simile categoria possa essere ancora contemplata.
