Olio extra vergine, il successo del made in Italy nel mondo

L’olio extra vergine di oliva italiano è sempre più di moda. Il consumo dell’extra è più che raddoppiato nel mondo negli ultimi decenni. Nell’ultimo anno poi la pandemia da coronavirus ha dato una spinta ulteriore: le restrizioni provocate dall’emergenza sanitaria hanno spinto le famiglie italiane a cucinare in casa. E a fare scorte di prodotti italiani e salutari: primo tra tutti proprio l’olio evo. Secondo i dati Ismea, nel 2020 i consumi di olio extravergine in Italia sono cresciuti del 7,4%.

Lo stesso vale per l’export globale (+15,6%) e intraeuropeo (+24,7%). A farla da padrone le vendite nei supermercati che hanno compensato le perdite dovute alla chiusura del canale della ristorazione. Per esempio, ha funzionato molto bene la campagna della Coldiretti “Io mangio italiano, e tu?”, lanciata durante il lockdown a marzo. I prodotti italiani con prezzo abbordabile sono andati bene. È cresciuto il consumo di prodotti di media e alta fascia. Nel lungo periodo il mercato dell’olio extravergine arriverà a valere oltre 1815 milioni di dollari entro il 2026 (in crescita del 24% rispetto ai 1465 del 2020).

«In Italia e all’estero, i consumi dell’olio di oliva crescono, anche grazie all’aumento complessivo degli acquisti nel canale della grande distribuzione», conferma Giampaolo Farchioni, manager del Gruppo Farchioni, azienda leader del settore, con sede a Gualdo Cattaneo in Umbria. Nata nel 1780, è una delle realtà agricole italiane più antiche, da anni impegnata nella ricerca tecnologica, nell’ampliamento delle superfici di coltura e nella ricerca della sostenibilità. L’obiettivo è quello di offrire prodotti naturali di qualità e al giusto prezzo seguendo l’insegnamento dettato dalle radici contadine della famiglia. «Soprattutto nel periodo del lockdown i consumi sono aumentati perché si è verificato l’effetto accaparramento: in queste situazioni l’olio a casa non può mancare». I dati della Nielsen raccontano che il primato dell’azienda Farchioni nella grande distribuzione italiana comincia nel 2017 e dura fino ad oggi. Numeri da record prima di tutto per il numero delle bottiglie vendute: 30milioni in tutto, pari all’11% del volume totale delle vendite di olio evo in Italia.

Ciò significa che su 100 bottiglie di olio evo consumate sulle tavole degli italiani almeno 11 vengono dall’azienda Farchioni. «Un risultato che – assicura Giampaolo Farchioni – crediamo di confermare anche quest’anno. L’obiettivo è mantenere la leadership del mercato puntando sempre di più sulle Dop e sul prodotto italiano. D’altra parte, la crescita dei consumi stimola la nostra innovazione. Abbiamo prodotti ad hoc sia per il segmento del “prodotto italiano” che per quello del “prodotto biologico”. E abbiamo risposto con un buon assortimento e un ampliamento della gamma». Nel 2021 l’azienda continuerà a spingere sul prodotto italiano anche se «quest’anno a causa della minore produzione di olive il prezzo sarà un poco più alto. L’olio italiano risentirà di una diminuzione del 30%. Di conseguenza, avremo un aumento del prezzo di listino inversamente proporzionale, anche per corrispondere il giusto prezzo agli agricoltori».

L’obiettivo di realizzare prodotti squisitamente italiani e lo stretto radicamento nel territorio fanno inoltre di Farchioni una azienda “multiregionale”, attiva per promuovere lo sviluppo dell’olivicoltura in diverse regioni della nostra penisola. Se la superficie degli uliveti aziendali di proprietà conta oggi 450 ettari ripartiti tra Umbria, Lazio, Puglia e Toscana, nei prossimi anni è previsto un incremento fino a un totale di 1309 ettari. «Nella nostra Umbria – dove gli impianti, condotti in biologico, si affidano ai più moderni sistemi di sfruttamento dell’energia solare – si sperimenta la coltivazione biodinamica che rappresenta il futuro di ogni corretta filiera agricola rispettosa dell’ambiente e della salute», spiega Giampaolo. «Tali sperimentazioni verranno applicate anche all’uliveto nel territorio di Cortona, in Toscana, dove si produce la dop locale. A Tuscania, in provincia di Viterbo, possiamo vantare un parco di circa 200 ettari coltivati seguendo le direttive Demeter, il marchio che certifica il rispetto del disciplinare dell’agricoltura biodinamica. La logica è quella di adottare modalità di coltivazione capaci di restituire alla terra quanto ci ha donato», conclude.

In collaborazione con l’Università di Perugia e il Cnr è poi in corso un progetto per selezionare un set di nuovi genotipi di olivo adatti ai nuovi standard di produzione, più sostenibili sul piano ambientale e più resistenti alle avversità climatiche. Ma non finisce qui. «La nostra azienda – continua Farchioni – è impegnata in Puglia per fronteggiare la tragica morìa degli ulivi causata dalla Xylella con un progetto per l’adozione di un clone resistente all’infezione e con la produzione di un olio biologico. A Ruvo di Puglia abbiamo investito su una cultivar – la “Favolosa” – resistente alla malattia, dunque ‘sostenibile’ rispetto a questo territorio, sviluppata in collaborazione con l’Università di Perugia. Già oggi possiamo dire che la resa è buona e che la qualità è fantastica: avremo un olio fruttato e dolce con una distintiva nota erbacea». L’insieme di queste iniziative permetterà all’azienda una raccolta di qualità in diverse regioni italiane: tutto il ricavato sarà impiegato per la produzione del Casolare 100% Italiano Biologico, uno dei prodotti di punta dell’azienda sugli scaffali dei supermercati, ormai da quasi quarant’anni.