Trentotto anni per provare a fare giustizia sull’omicidio di un poliziotto, Domenico Attianese, ucciso a Napoli durante una rapina in gioielleria, quando libero dal servizio intervenne in soccorso del proprietario. Era il 4 dicembre del 1986 e Attianese aveva 45 anni ed era Sovrintendente principale della polizia di Stato. Polizia che oggi ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Napoli, accogliendo le richieste avanzate dalla Procura di Napoli guidata da Nicola Gratteri, nei confronti di Giovanni Rendina, 60 anni, e Salvatore Allard, 59, per il reato di concorso in omicidio aggravato.
Omicidio Attianese, l’allarme della figlia 14enne
L’omicidio avvenne nel quartiere Pianura quando tre rapinatori s’introdussero all’interno della Gioielleria Romanelli e, dopo aver bloccato i titolari sotto la minaccia delle armi, iniziarono il saccheggio di gioielli e preziosi. Mentre la rapina era in corso, presso l’esercizio commerciale giunse la figlia di Attianese, all’epoca dei fati 14enne, che resasi conto di ciò che stava avvenendo chiamò il padre Domenico che era in casa a pochi metri del negozio. Lo chiamò perché sperava che l’intervento di un poliziotto potesse fermare le cattive intenzioni dei malviventi.
Attianese giustiziato con proiettile alla testa
L’agente Attianese intervenne poco dopo e in seguito a una violenta colluttazione con i malviventi, venne prima disarmato e poi ucciso da uno dei due rapinatori con un colpo d’arma da fuoco alla testa. L’efferato omicidio è stato già già oggetto di un procedimento penale dinanzi alla Corte di Assise di Napoli, conclusosi nel 1996, nel quale gli imputati, ai quali erano stati contestati i fatti, risultarono estranei alla vicenda. La nuova analisi delle prove scientifiche raccolte nella immediatezza dei fatti ha consentito di acquisire gravi elementi di reità a carico dei soggetti oggi arrestati, già gravati da plurimi precedenti penali per reati di rapina, lesioni personali e porto e detenzione illegali di armi da fuoco.
Le indagini riaperte grazie a nuove tecnologie
Nel corso del sopralluogo svolto all’epoca dei fatti furono rilevati numerosi frammenti papillari che, dalle comparazioni dattiloscopiche odierne effettuate dal Servizio Polizia Scientifica-Sezione identità giudiziaria, grazie alle evoluzioni tecnologiche dell’applicativo Apfis in uso alla Polizia di Stato, hanno permesso di indirizzare diversamente le nuove indagini. Sono stati così svolti approfondimenti mirati, consistiti nell’analisi della documentazione rinvenuta, comparazioni fotografiche, l’ascolto dei testimoni, il tutto supportato da attività tecniche che hanno fornito elementi di assoluto rilievo investigativo e hanno completato il quadro indiziario a carico di Rendina e Allard.
Nato a Scafati (Salerno), Attianese viveva a Pianura e lavorava nel commissariato San Paolo di Fuorigrotta, quello che si trova di fronte lo stadio Maradona. Lasciò la moglie Angela e due figlie, Carla di 14 anni e Carmen di 10. Dopo l’omicidio di cui è rimasto vittima il Sovrintendente principale della Polizia di Stato Attianese, il Dipartimento della Pubblica Sicurezza gli ha dedicato la Caserma ove ha sede il Commissariato San Paolo, sua ultima sede di servizio. Il Comune di Napoli gli ha dedicato e intitolato un giardino pubblico, il Parco Attianese, che si trova in Via Provinciale Napoli, nel quartiere di Pianura dove Domenico Attianese viveva con la sua famiglia. Nel maggio del 1987 Attianese è stato insignito della Medaglia d’oro al valor civile ritirata dalla moglie e dalle 2 figlie.
