Poco dopo l’omicidio “Sono usciti nella notte per motivi di svago, elemento che smentisce in modo certo che uno dei due avesse agito sotto minaccia o in preda al panico” e hanno avuto “un atteggiamento leggero e privo di pensieri”.
Questa la ricostruzione del Gip del tribunale di Genova che traccia un quadro preciso della sera dell’uccisione nell’ordinanza di custodia cautelare per Tito e Bob, i due parrucchieri egiziani accusati dell’omicidio del 19 enne Mahmoud Abdalla, loro collega e dipendente.
Nel provvedimento del giudice, emergono anche altre informazioni. I due “dall’indole irosa e vendicativa, propensi all’uso della violenza gratuita, a cui ricorrono per risolvere le controversie personali”, si erano “spartiti in modo quasi scientifico i compiti”, riuscendo “a trasportare il cadavere, ripulire la scena del crimine, nascondere gli effetti personali della vittima, trovare un mezzo di trasporto e decidere come e dove disfarsi di tutto”. “Tito” e “Bob” hanno ammesso quanto accaduto, pur non concordando tra loro in alcuni punti della ricostruzione.
La vicenda
Mahmoud Sayed Mohamed Abdalla, giovane parrucchiere di 19 anni, è stato trovato morto in mare lo scorso 24 luglio a Santa Margherita Ligure. Le indagini hanno portato all’arresto di due uomini, il datore di lavoro della vittima, Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel, noto come Bob, un 26enne residente a Genova, e Mohamed Ali Abdelghani Ali, soprannominato Tito, egiziano di 27 anni residente a Chiavari. I due gestivano insieme un salone che Mahmoud avrebbe lasciato a breve per lavorare altrove. Dalle ricostruzioni, la vittima sarebbe stata colpita in casa da almeno tre coltellate fatali, con il corpo trasportato in una valigia nel loro negozio a Chiavari. Da lì, trasferito lungo il torrente Entella e poi sulla spiaggia, dove è stato mutilato, con le mani e la testa tagliate, e infine gettato in mare.
