Mario è tornato a correre, a giocare con gli altri ragazzini nel parco. E grazie al padre, che gli ha donato un pezzo di polmone nel primo intervento del genere in Italia. Un trapianto eseguito all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. L’intervento era stato eseguito lo scorso 17 gennaio, era durato undici ore, cento le persone coinvolte, quaranta i giorni di convalescenza del bambino. Il nome Mario era stato scelto dal nome del protagonista del suo videogioco preferito. I genitori Ánduel, 34 anni, e Ornéla, 35, di origini albanesi.
Mario ha cinque anni. Soffriva di talassemia, malattia ereditaria del sangue caratterizzata da anemia cronica. Il padre gli aveva già donato il midollo, quel trapianto gli aveva però provocato una reazione immunitaria – la cosiddetta “malattia da trapianto contro l’ospite” – che aveva attaccato i polmoni del bambino che non poteva smettere di respirare. Veniva nutrito con una sonda.
La donazione da vivente è stata possibile grazie alla sostituzione del sistema immunitario con quello del padre. I medici hanno prelevato dal lobo inferiore destro del polmone dell’uomo, diciannove segmenti per sostituire il polmone destro del figlio. “Quando me lo hanno proposto non ci ho pensato due volte: si trattava di salvare la vita a mio figlio – ha raccontato il padre citato da Il Corriere della Sera – In questi due anni mi era passato di tutto per la mente”.
Per due settimane il bambino è rimasto in terapia intensiva pediatrica. Otto giorni dopo ha raggiunto l’autonomia respiratoria. Il padre è stato dimesso dopo una settimana. Il suo volume polmonare è stato ridotto del 20%. A inizio febbraio il piccolo è stato trasferito in Pediatria. È stato dimesso il 21 febbraio. “Grazie a Dio e ai medici è andato tutto bene. Adesso potrà andare all’asilo, giocare con gli altri bambini. Non sta fermo un attimo, mangia poco e gioca tanto. Non c’è cosa più bella da vedere, è meraviglioso”.
“Si tratta di un intervento di estrema complessità, eseguito in un centro che ha grande esperienza nel trapianto pediatrico e di polmone, e che dimostra ancora una volta il livello di eccellenza della trapiantologia italiana”, aveva detto all’Ansa il direttore del Centro nazionale trapianti Massimo Cardillo. “L’utilizzo del lobo polmonare del papà del bambino, già donatore del midollo, costituisce un importante vantaggio immunologico: i precedenti in Europa sono rarissimi e sporadici e infatti, nonostante da 10 anni la legge italiana preveda la possibilità di donare in vita il lobo polmonare, per questo primo tentativo è servita un’autorizzazione specifica da parte del Cnt. In ogni caso, trovo altamente simbolico che a realizzarlo sia stato il Centro trapianti della città simbolo della lotta al Covid, un vero e proprio ‘trapianto di respiro’ dopo un lungo periodo di emergenza per il Servizio sanitario e per tutto il Paese”.
