Papa Francesco riceve Lula: la strada per la diplomazia in Ucraina trova spazio

Il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, terminato l’incontro Papa Francesco, ha scritto un tweet ringraziando il pontefice “per l’udienza in Vaticano e per la bella conversazione sulla pace nel mondo”. Francesco ha accolto Lula scandendo: “Siamo in tempo di guerra e la pace è molto fragile”. Due fotografie che fanno comprendere come la guerra, in particolare quella in Ucraina, abbiano contraddistinto un incontro tra due leader – chi a capo della Chiesa cattolica e chi di uno Stato del Sud America – apparentemente molto distanti da quel conflitto. Eppure, Francesco e Lula, da posizioni diverse per ruolo e obiettivi, hanno da tempo attivato i propri canali per tentare vie alternative al conflitto.

Ed entrambi i leader fanno parte di quella complessa e composita cerchia di autorità che, caratterizzata da una politica “non allineata”, provano una difficile (e in alcuni casi velleitaria) strada alternativa per parlare tanto con il presidente russo Vladimir Putin quanto con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Il Vaticano, attraverso la missione del cardinale Matteo Maria Zuppi, ha confermato il desiderio di tentare una mediazione del conflitto, ribadendo la ferma condanna dell’invasione ma cercando di capire se esiste un terreno per il dialogo. Il presidente della Conferenza episcopale italiana si è già recato a Kiev, e la prossima tappa sembra essere proprio Mosca. Lula si è mosso su binari diversi. A differenza della Santa Sede, il Brasile ha mostrato il lato politico della questione, con il capo dello Stato che ha suggerito che entrambi i leader in guerra debbano scendere a compromessi. Un pensiero che ha gelato Kiev, secondo cui la “pace giusta” non può essere il frutto di una cessione di territori.

L’impegno per ampliare il numero dei Paesi coinvolti nell’eventuale processo di pace, soprattutto tra quelli del “Sud del mondo”, ha provocato inoltre critiche tra chi considera questo piano troppo vicino alle idee di Mosca. Pochi giorni fa, ad andare in scena è stata la missione dei rappresentanti di sei Paesi africani guidati dal presidente sudafricano Cyril Ramaphosa. Zelensky ha confermato alla delegazione africana di non potere incontrare Putin mentre le forze del Paese invasore si trovano ancora in Ucraina, poiché questo si tradurrebbe nel congelare la guerra, certificando lo status quo mentre sta prendendo forma la controffensiva. Putin, anche per ragioni strategiche in Africa, ha voluto lanciare messaggi di apprezzamento verso la missione e su alcune proposte.

Difficile dire se tutto ciò avrà una concretezza, ma intanto la Cina – anch’essa proiettata in Africa e a sua volta promotrice dei famosi “12 punti” di Xi – ha lodato pubblicamente l’iniziativa di Ramaphosa. In attesa che la Turchia, con l’annunciato incontro tra Putin e Recep Tayyip Erdogan, faccia una nuova mossa nel suo ambizioso piano di porsi come mediatrice, la diplomazia sembra così al momento trovare spazio nel blocco di Paesi alternativo alle superpotenze.