Nel Sì&No del giorno, spazio al dibattito sulla scelta di Patrick Zaki di rientrare in Italia con un volo di linea, rifiutando il volo di Stato. Abbiamo chiesto un parere a Francesca Sabella, giornalista, che ritiene sia stata una scelta opportuna, e ad Andrea Ruggieri, direttore responsabile de “il Riformista”, che, al contrario, ne contesta la scelta.
Qui di seguito, l’opinione di Andrea Ruggieri.
Patrick Zaki sbaglia grossolanamente perché trasforma una prassi sostanzialmente burocratica, consolidata e tutto sommato scontata, che alla gente interessa molto molto poco peraltro, in un caso, non richiesto da nessuno, di politica e di irriconoscenza percepita, che a quel punto la gente nota eccome, e disapprova facendosi una domanda ordinaria: “Ma che modi sono?”. Questo ragazzo egiziano, dopo mesi di folle detenzione cautelare (lasciamo stare che ci sia parte di questa nazione che si indigna di più per una detenzione cautelare in Egitto, che per le tantissime ingiuste che si consumano in Italia, sorvoliamo per una volta…), si apprestava ad andare in carcere per accuse ridicole e dopo un processo altrettanto farsesco.
Il Governo italiano, prima quello Draghi, poi quello Meloni, si sono impegnati per evitare che accadesse, e – dato di fatto – la Premier Meloni ha risolto il caso con successo. Lui ringrazia, ma dice di non volersi prestare a una strumentalizzazione politica.
Ma di che parla? Davvero, si ritiene una bandiera da sventolare? Davvero crede che gliene freghi più di qualcosa a qualcuno? È veramente il caso di dire che stavolta il peccato, e un pizzico di egocentrismo, è solo negli occhi di chi guarda.
Diciamo la verità: del destino di Patrick Zaki interessava davvero quasi a nessuno. L’attenzione sul suo caso è il risultato di un interesse, rimasto comunque assolutamente minoritario, imposto dalla sinistra che sui diritti civili ha auto decretato una sua titolarità esclusiva, anche se poi snobba quelli di noi italiani come si è visto durante la gestione autoritaria e dirigista della pandemia. Sfido a trovare milioni di italiani che abbiano mai pensato un solo secondo della loro vita, o si siano mai turbati mezzo attimo, pensando a un processo ingiusto a carico di un egiziano che faceva un master in studi di genere a Bologna.
In virtù di questa auto decretata titolarità, sorge un problema se a riportarlo a casa (sempre che sia casa sua) è un Governo di destra. Sorvolo sull’infantilismo di un simile atteggiamento. Ma il punto è che lo Stato non fa solo cose che interessano all’opinione pubblica, e se lavora e risolve un caso spinoso, lo si ringrazia anche osservando quel protocollo che ci può anche fare schifo, ma è ossequioso verso le Istituzioni che si sono interessate a te. Perché quello che avrebbe dovuto riportare in Italia Zaki non era un volo di Governo, era un volo di Stato. E non c’è lo Stato di centrodestra. C’è lo Stato italiano. Composto da decine di funzionari che si sono dedicati alla soluzione del suo caso. È forse lui che confonde attività politica con quella di istituzioni che rappresentano non una parte degli italiani, ma tutti gli italiani.
Per me non si tratta nemmeno di irriconoscenza. Il mio primo commento è stato: “Chi se ne frega, torni come vuole e impari due parole di italiano, che male non fa a chi non sa nemmeno dire: “Ciao” malgrado dica: “Italy is my home”, e viene sostenuto da qualche migliaio di persone che, specie a Bologna, manifestano per lui chiedendone la libertà dopo mesi di ridicola detenzione. Per me si tratta di scarso spirito di appartenenza. A una comunità che, fosse anche solo composta dai manifestanti a suo sostegno e dall’apparato statale italiano che nel silenzio e senza il privilegio di alcuna luce della ribalta lavora per risolvere problemi che per una volta non ha nemmeno concorso lontanamente a creare.
Se non si porta rispetto a chi, italiano, lavora per lo Stato italiano e ti riporta qui, sottraendoti a una ingiusta detenzione, e tu ti metti a lambiccare se sia il caso di farsi mai vedere in una foto con il Premier italiano o col Ministro degli Esteri, dimostri poca appartenenza alla comunità italiana, e considerazione dell’altrui impegno. Detto ciò, siccome io resto favorevole a che i ragazzi sognino come pare loro, e al fatto che pur contestando o sbagliando formino una loro personalità, buona vita (libera) lo stesso.
