Nel Sì&No del giorno, spazio al dibattito sulla scelta di Patrick Zaki di rientrare in Italia con un volo di linea, rifiutando il volo di Stato. Abbiamo chiesto un parere a Francesca Sabella, giornalista, che ritiene sia stata una scelta opportuna, e ad Andrea Ruggieri, direttore responsabile de “il Riformista”, che, al contrario, ne contesta la scelta.
Qui di seguito, l’opinione di Francesca Sabella.
Libertà, dal latino libertas, a sua volta derivata da liber = uomo legalmente libero cioè il contrario del servus, lo schiavo.
È partito da uomo libero ed è tornato da uomo libero. Libertà, indipendenza, fedeltà ai suoi princìpi: così si spiega la scelta di Patrick Zaki di rifiutare il volo di Stato e rientrare in Italia con un volo di linea. E lo ha spiegato, seppur sibillinamente, in un suo breve scritto sui social: “La sensazione migliore è la libertà”. Certo la libertà di lasciare il carcere egiziano nel quale è stato costretto a vivere dal 2020 a oggi, ma anche la libertà di poter essere ancora chi era quando è partito da Bologna per far visita ai suoi parenti egiziani, prima dell’inizio dell’incubo, prima della detenzione.
Ed è questa la libertà più preziosa: poter riconoscere di essere ancora chi è sempre stato, constatare che la paura, le ingiustizie, il carcere, non lo hanno scalfito, non lo hanno cambiato, non hanno fatto ombra sui suoi valori. Non hanno vinto loro: ha vinto Zaki perché è ancora lui. L’attivista egiziano che ha studiato in Italia, che ha amato questo Paese, ha combattuto da sempre per i diritti umani e chi combatte sì per sé ma anche per tutti quanti gli altri, facendo delle sue azioni una battaglia per la collettività non si piega a un sistema che probabilmente avrebbe voluto strumentalizzarlo. Era solo una questione burocratica di rito? Poco importa, lui ha detto no. A maggior ragione tanto rumore per nulla.
E così Patrick ha rifiutato tutte le proposte per il suo rientro messe sul tavolo dal Governo italiano: viaggiare su un volo di Stato, quindi atterrare a Ciampino e incontrare i vertici di Palazzo Chigi, ma anche viaggiare con la sua famiglia volata in Egitto per riabbracciarlo. No, grazie. Viaggerò su un volo di linea. Niente passarelle, niente foto di rito e strette di mano con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, niente inchini, niente di niente.
E così è tornato in Italia. Patrick è arrivato nel pomeriggio di domenica a bordo di un Boeing 737 di EgyptAir decollato dal Cairo atterrato all’aeroporto di Milano Malpensa.
Poi la conferenza stampa nella sua Bologna: “Sono qui come un difensore dei diritti umani, ho passato tutto ciò che ho passato perché ho difeso i diritti umani e la libertà”. Torna ancora la “libertà” nelle sue parole. La libertà di aver scelto senza creare danno a nessuno. Anzi, a qualcuno sì alla maggioranza del governo che ha visto uno sgarbo nel gran rifiuto di Patrick. E così via alle polemiche: un ingrato, un paraculo, scelta politica… In realtà Patrick ha subito ringraziato le autorità italiane: “Grazie al governo italiano per quello che ha fatto negli ultimi giorni, ho veramente apprezzato tutto quello che hanno fatto – ha detto Zaki – Sono veramente emozionato di essere qui. Un grazie alla diplomazia italiana in Egitto”. Ha ringraziato. Forse il problema di una parte politica è un altro, non la maleducazione dell’attivista egiziano: è che dopo essersi intestata la liberazione di Zaki, per grazia ricevuta dal presidente egiziano Al-Sisi, non ha potuto completare l’operazione facendosi trovare schierata e sorridente all’aeroporto, una sorta di medaglietta solo appoggiata sulla giacca e non fissata bene.
Zaki con il gran rifiuto ha un po’ rovinato la festa. Sorprende, ma neanche tanto in fin dei conti, come il primo pensiero della politica, prima ancora che Patrick toccasse suolo italiano, sia stato attaccarlo. Si è riproposto il meccanismo, tossico, dei social: se non lo riprendi, se non ci sono foto e video a documentare, allora non è successo veramene. Cioè, avete contribuito a farlo tornare qui? Vi siete prodigati con tanti sforzi per la sua liberazione? Bene così, a chi importa di foto e inchini? Nessuno sgarro alla politica italiana, semmai la volontà di non essere strumentalizzato, di non cedere al rito dell’incoronazione del Governo. Patrick Zaki ha preferito la libertà alle passerelle. Tutto qui. Vogliamo condannarlo di nuovo?
