Perché i giudici hanno paura della responsabilità civile?

Torno sulla questione dei referendum sulla giustizia visto che la raccolta firme s’infiamma in attesa del rush finale, dopo la ripresa estiva. E ci torno perché più di una volta, anche sulle pagine di questo giornale, mi sono dichiarato favorevole all’iniziativa promossa dai Radicali. È un metodo, quello del contatto con la gente, che condivido da sempre in quanto reale, concreto e immediato. Ed è un sistema democratico del quale, specie in momenti di profonda crisi dei rapporti, si avverte un bisogno vitale.

Tra i vari quesiti referendari oggi mi piace parlare di quello sulla responsabilità civile dei magistrati. È un tema ricorrente, sempreverde si direbbe, che di volta in volta infiamma il dibattito tra i sostenitori, convinti della necessità di una responsabilità diretta dei magistrati, e quanti in questa possibilità, invece, vedono uno strumento di vendette, rivendicazioni, lamentele e chi più ne ha più ne metta. Vi dico subito che ho deciso di andare a firmare perché io questo tipo di responsabilità non la temo come credo che non la temano tutti i magistrati italiani che, con professionalità, ogni mattina, raggiungono i rispettivi posti di lavoro per svolgerlo con la serenità che deve contraddistinguere l’esercizio della funzione giudiziaria. Eppure va chiarito perché non c’è da temere per questo quesito referendario.

La legge sulla responsabilità civile dei magistrati è una legge chiara che disciplina una delle possibili forme di responsabilità in cui può incorrere un magistrato, cioè una forma di responsabilità che si può accompagnare a quelle, ben più gravi, che sono la responsabilità penale e quella disciplinare.

Oggi la responsabilità civile è concepita in chiaro favore per i cittadini che subiscono un torto dal magistrato perché, con la previsione della responsabilità diretta dello Stato, in base al rapporto di immedesimazione organica, si garantisce la solvibilità patrimoniale del condannato, cioè dello Stato, salva poi la rivalsa dello stesso verso il magistrato. Allora la responsabilità diretta può contenere una insidia perché può individuare un debitore non solvibile visto che il magistrato vive di stipendio e potrebbe non essere assicurato e quindi non avere un garante a seguito di contratto nel caso di suo inadempimento, se e una volta condannato a risarcire.

Ma vi è di più e questo a me sembra essere il nocciolo della questione. Se si analizza la legge, le ipotesi di responsabilità civile del magistrato sono davvero molto chiare. Esso sono previste nella legge 117 del 1988 e sono ben individuate: l’agire con dolo, colpa grave o per diniego di giustizia, laddove si esclude categoricamente che l’attività di interpretazione della legge ovvero la valutazione del fatto e delle prove possa essere fonte di responsabilità civile. Visti così, i comportamenti davanti ai quali ci troviamo potrebbero essere definiti patologici, cioè al di là del cosiddetto errore giudiziario che, se scusabile, chiaramente non comporta responsabilità (e nel distretto di Corte di appello di Napoli sono censiti numerosi errori giudiziari ai quali, per la verità, non sembrano far corrispondenza ipotesi clamorose di responsabilità civile del magistrato). E allora io dico che non bisogna arroccarsi in idee preconcette e su posizioni pregiudizievoli perché poi di tutto il clamore resta qualcosa di vero e una necessità da affrontare con decisione e immediatezza. Probabilmente i cittadini, che numerosissimi sono accorsi presso i luoghi di raccolta firme per il deposito dei referendum sulla giustizia, sono davvero stanchi di sentire che esiste una casta impunita e impunibile.

È davanti a questo immaginario che nasce la ribellione di quanti sono stanchi di leggere quotidianamente che quel magistrato o quel pubblico ministero, dopo l’enorme clamore mediatico riservato a certe vicende giudiziarie, abbia visto cadere nel nulla le ipotesi di accusa lasciando segni indelebili su chi ha ingiustamente subìto l’infamia di una condanna personale che spesso sfocia anche in una condanna mediatica (questa davvero non risarcibile in nessun modo perché incancellabile). Se il referendum può essere utile a rasserenare questo rapporto, ormai in profonda crisi, tra cittadini e magistratura, allora ben venga. I magistrati a testa alta posso affrontare questa riforma perché sanno che non accadrà (perché non ammesso giuridicamente) un ricorso all’istituto della responsabilità civile solo per dare sfogo a critiche, risentimenti o per ottenere sotto altro aspetto una riforma di un provvedimento ritenuto ingiusto. Non è questo affatto consentito, nella legge oggi vigente: che resti o meno la responsabilità indiretta del magistrato non cambia il sistema di garanzie per il magistrato eventualmente e direttamente evocato in giudizio. Del resto il fatto che ricorra spesso, come una sorta di cantilena civile, il tema della responsabilità civile di giudici e pm suona come un campanello d’allarme davanti al quale la magistratura è chiamata a dare un “controsegnale” per recuperare quella fiducia che oggi è al lumicino e che va riconquistata senza se e senza ma. Ora, direi, o mai più.