La Bce respinge la richiesta della Commissione Ue di dare garanzie sugli asset russi. Al netto delle strumentalizzazioni di chi tifa per Mosca, viene da scomodare Churchill quando diceva che la democrazia è il peggiore di tutti i sistemi di governo, eccetto tutti gli altri. Questo è infatti il classico caso di balance of power che nessun regime ha. Se non quelli democratici. In Europa, potere esecutivo e politiche monetarie non sono nelle mani della stessa autorità. È un bene in via generale. In certi casi è un intoppo. La decisione di Francoforte è dettata dalla cautela, che a sua volta si poggia su ragioni geopolitiche, giuridiche e finanziarie.
L’Unione europea non è in guerra con la Russia. Questo vuol dire che, se l’Ue decidesse di usare gli asset congelati nelle sue banche – 140 miliardi di euro, circa, prevalentemente custoditi dalla clearing house belga Euroclear – commetterebbe di fatto un’appropriazione indebita. In un contesto di alta tensione internazionale, Mosca potrebbe interpretarla perfino come un atto di guerra. Ancora a marzo di quest’anno, Putin aveva parlato di “furto” da parte dell’Ue. È plausibile che personaggi quali Medvedev e Zakharova ne approfittino per soffiare sul fuoco. Il diritto internazionale considera gli asset congelati come una misura temporanea e reversibile. Tale per cui, a guerra finita, la Russia potrebbe richiederne il risarcimento. D’altro canto, Mosca ha già adottato le sue contromisure, congelando parzialmente gli asset stranieri sul suo territorio per frenare la fuga di capitali.
Le criticità maggiori sono però di carattere finanziario. Il Belgio si sente il più esposto. Teme le ritorsioni di Mosca e, più a stretto giro, lamenta che la rimessa sul mercato delle risorse russe risulterebbero una perdita degli interessi maturati nell’averle in deposito. Da qui la sua richiesta all’Ue di un pacchetto di garanzie. Il premier belga, Bart De Wever, chiede ai suoi omologhi europei coperture superiori ai 140 miliardi di euro e che possano essere liquidate entro pochi giorni. Inoltre, queste garanzie dovrebbero superare le sanzioni Ue contro la Russia. Gli è stato risposto, però, che è un “assegno in bianco”, troppo oneroso per il resto d’Europa. Per quanto anche Francia, Lussemburgo e la stessa Italia siano esposte allo stesso rischio. Von der Leyen in prima persona ha detto che sta lavorando in via diplomatica per trovare un compromesso.
Una delle ipotesi avanzate dalla Commissione sarebbe quindi un prestito a tasso zero di Euroclear alla Commissione stessa con la liquidità maturata su titoli russi già scaduti. L’Ue creerebbe uno Special purpose vehicle (Spv) che riceverebbe i fondi, per poi girarli a tasso zero all’Ucraina. De Wever dice che l’Spv non è abbastanza “schermato”. Crea un legame finanziario diretto tra gli asset bloccati e il finanziamento all’Ucraina, esponendo il Belgio alle potenziali contestazioni di Mosca. Infine prevede garanzie implicite da parte degli Stati membri in caso di sblocco delle riserve con esclusione automatica di altri titolari di asset come Regno Unito, Svizzera e Giappone.
Più in generale però, la Bce teme per la affidabilità del sistema finanziario europeo. Mosse politiche di questo tipo lasciano le tracce. Oggi in punizione è Mosca, domani chissà. Gli investitori potrebbero richiedere rendimenti più alti per acquistare titoli di stato europei, aumentando così i costi di indebitamento per i governi. A quel punto, si avrebbero ricadute sullo spread del debito sovrano europeo tra i Paesi membri, come anche sui tassi d’interesse di titoli trattati in euro. Francoforte ne fa una questione di stabilità finanziaria dell’area euro. Per Bruxelles invece, è un fattore di credibilità politica. Gli Stati Uniti restano il timoniere indiscusso dei negoziati tra Ucraina e Russia. Il solo strumento di pressione in mano all’Europa sta proprio in questi asset. Decidere come usarli spetta soltanto a noi. Non poter usarli significa presentarsi azzoppati a un accordo di pace dove già non e prevista la nostra presenza.
