Perché l’intelligenza artificiale ci seppellirà tutti: la combinazione esplosiva con la biologia sintetica

Mentre l’Italia con la sua solita auto-riflessività sta piegata a guardarsi l’ombelico e per giunta nomina un – pur illustrissimo – ottantacinquenne alla Commissione Algoritmi, nel resto del mondo il dibattito sull’Intelligenza Artificiale è acceso e molto intenso. Ad alimentarlo, nelle ultime settimane, c’è un libro che consigliamo anche a Giuliano Amato e soprattutto ai nostri governanti. Si tratta, del volume di Mustafa Suleyman, The Coming Wave, che è uscito a Settembre 2023 ed è già un best-seller. A meno che qualcuno non ci abbia già pensato, sarebbe importante che un qualche editore nostrano si facesse avanti per pubblicarlo in italiano. Suleyman è il co-fondatore di Inflection AI e di DeepMind, la startup di intelligenza artificiale più intelligente e più rivoluzionaria che vi sia in circolazione, è uno che si intende di LLM (di cui si è occupato per Google), e che ha a cuore tanto la tecnologia quanto l’etica. Un binomio sempre più fondamentale.

Il volume, già nel titolo, preannuncia l’arrivo di un’onda lunga e pericolosa, una specie di tsunami che, se ci trova impreparati, ci travolge. Di fronte all’umanità, secondo il monito di Suleyman, si stanno profilando due scenari che sono il risultato della combinazione esplosiva tra l’intelligenza artificiale (IA) e la biologia sintetica (BS). Secondo l’autore, queste due tecnologie “porteranno una nuova alba per l’umanità, creando una ricchezza e un surplus mai visti prima. Eppure la loro rapida proliferazione rischia anche di conferire, a una serie di attori malintenzionati, il potere di scatenare disturbi, instabilità e persino catastrofi su una scala inimmaginabile”.

Il nostro futuro “dipende da queste tecnologie e ne è minacciato”. Un dilemma amletico, un bivio difficilissimo. Il fatto che l’Italia partorisca una timida commissione e che la faccia lavorare sui nuovi modelli linguistici e il loro rapporto con l’informazione mostra l’obsolescenza, l’inadeguatezza e l’intempestività del nostro discorso pubblico su questi temi. I modelli linguistici come ChatGPT sono solo un piccolo e, sostanzialmente, innocuo assaggio. Il bello deve ancora venire. Suleyman ci spiega che nel futuro relativamente prossimo, infatti, l’IA potrà darci farmaci miracolosi e sarà in grado di diagnosticare malattie rare, per non dire della sua capacità di gestire tutta la nostra logistica e il traffico, e di progettare città sostenibili. Potremo altresì chiedere alla tecnologia (che assomiglia sempre di più al genio della lampada di Aladino) di “farci guadagnare un milione di dollari su Amazon in pochi mesi,” e potremo stare certi che esaudirà i nostri desideri.

Fin qui, tutto più o meno bene. Il problema è che, nelle mani sbagliate, la stessa tecnologia che ci consente di arricchirci e di curare le malattie potrebbe essere utilizzata per farci ammalare. Ad esempio, l’IA e la BS possono essere impiegate per creare nuovi patogeni. Per dare un’idea: un virus progettato dall’IA e ingegnerizzato dalla BS con un tasso di trasmissibilità del 4% (inferiore alla varicella) e un tasso di mortalità del 50% (analogo a quello dell’Ebola), potrebbe “causare più di un miliardo di morti in pochi mesi”. Suleyman fa anche notare che il costo del sequenziamento genetico è in picchiata, che ci sono tecnologie, come Crispr, capaci di agire sul DNA di un essere vivente. L’idea è che presto ognuno potrà avere una specie di laboratorio genetico in casa, come a dire che manipolare il genoma umano diventerà un gioco da ragazzi.

Questi sono rischi reali e imminenti. Suleyman chiama lo stato-nazione a esercitare un ruolo di contenimento dello sviluppo tecnologico, consapevole come è del fatto che questa misura non sarà facile e risulterà solo appena sufficiente. E quando parla di contenimento (che lui declina in dieci punti preliminari), per far capire la portata di ciò che intende, chiama in causa il famoso telegramma di George Kennan che, da Mosca, avvisava l’America del pericolo espansionista del comunismo e ne determinava la politica per almeno quaranta anni a venire. Come a dire, che le armi da usare contro i pericoli dello sviluppo tecnologico devono essere alla stregua di quelle della Guerra Fredda. Insomma, solo una restrizione sistematica, a lungo termine, paziente, ferma e vigile delle tendenze espansionistiche dell’avversario tecnologico potrà salvarci. Altrimenti, faremo la stessa fine dei dinosauri che, inconsapevoli, andarono incontro all’onda tsunami che li estinse.