Più Libri, Più Liberi – Rubbettino cita Popper: “Escludere ‘Passaggio al bosco’? Editoria significa libertà”

Prende il via oggi a Roma “Più Libri, Più Liberi”, la fiera della piccola editoria (ma ormai si può dire dell’editoria, tout court) che rimarrà aperta alla Nuvola dell’Eur fino al 8 dicembre. Connotata da una fitta agenda di 729 eventi, vede la presenza di 600 espositori. Uno di questi, “Passaggio al bosco”, dichiaratamente di estrema destra, è sgradito da un gruppo di intellettuali, autori e editori che hanno dato vita a una raccolta firme per escluderlo. Ne parliamo con Florindo Rubbettino, editore calabrese sempre presente nelle fiere con un marchio-simbolo della cultura liberale.

Rubbettino, come giudica l’idea di escludere da “Più libri più liberi” un editore definito – tra virgolette – “fascista”?
«Io credo che bisogna sempre rifarsi a quelli che sono i capisaldi di una democrazia, di una società aperta. Noi difendiamo sempre la società aperta e siamo convinti con Karl Popper che bisogna sforzarsi anche di essere tolleranti con gli intolleranti, per evitare che la tolleranza stessa venga distrutta. Questo ovviamente non significa giustificare l’intolleranza, ma essere pronti a limitarla quando diventa minaccia per la sopravvivenza della tolleranza stessa, ad esempio tramite la forza o tramite la violenza».

Qual è oggi la responsabilità principale di una casa editrice in una democrazia liberale?
«Una fiera che si chiama “Più libri più liberi”, un comparto come quello degli editori che hanno come missione genetica garantire la libertà e la pluralità di pensiero, non può giudicare le proposte culturali sulla base degli orientamenti ideologici. Le idee da sole trovano la loro strada. Nel catalogo di “Passaggio al bosco” mi pare ci sia ben poco di liberale, però proprio per questo deve essere lasciata libera di esprimersi. E d’altronde il presidente dell’AIE (Associazione Italiana Editori, ndr.) l’ha detto chiaramente: rappresentiamo gli editori e quindi rappresentiamo la libertà di pensiero».

In queste ore la polemica corre: firme, appelli, boicottaggi, prese di posizione pubbliche. Come si pone lei rispetto a questo clima?
«Sulla linea dell’AIE che ha ribadito che quella casa editrice, nell’iscriversi alla fiera, ha sottoscritto impegni che affermano che siamo una democrazia. La Costituzione italiana è chiara, nasce antifascista. Le norme europee sono ispirate a concetti di libertà, uguaglianza, democrazia. Fino a prova contraria, non mi pare ci si debba agitare più di tanto».

Un settore culturale come quello editoriale deve proteggere il pluralismo anche quando i contenuti sono “antilibertari”?
«Noi abbiamo passato gli ultimi trent’anni della nostra attività editoriale a provare ad ampliare attraverso le idee lo spazio della tolleranza, della libertà, dell’indipendenza di pensiero. Provare ad aprire le finestre anche per chi la pensa in maniera diametralmente opposta al pensiero liberale. Credo che l’editoria debba mantenere questo spirito».

Ha citato Popper: diceva anche che la vita consiste nel risolvere problemi. Tra questi, quello che si legge poco e si legge male…
«E risolvere questo problema è l’impegno del comparto editoriale, che è vivacissimo in Italia. Rappresentiamo un’industria culturale che, nonostante le difficoltà del mondo dei libri e della lettura, resta enorme, vivace, plurale. Garantisce libertà di espressione non solo a tutti gli orientamenti politici e ideologici, ma anche a tutte le sensibilità. La morte del libro è stata diagnosticata decenni fa e siamo ancora qui, liberi e felici».