PNRR e reclutamento docenti, la macchina che non funziona…

Entro il 31 dicembre 2025 l’Italia dovrà chiudere tutte le procedure del PNRR legate al reclutamento dei docenti. Una scadenza che si avvicina a grande velocità mentre la macchina amministrativa procede alla solita andatura: lenta, frammentata, incapace di rispondere ai fabbisogni reali delle scuole.

Il dato di partenza è implacabile: 226.000 aspiranti per 58.000 posti.
Un imbuto nazionale che nasconde una frattura territoriale evidente: al Nord le cattedre ci sono ma mancano i candidati; al Sud i candidati ci sono ma mancano i posti. Così il PNRR non raggiungerà l’obiettivo dei 70.000 docenti assunti. Non per mancanza di aspiranti, ma per un sistema che non riesce a collocare dove serve le professionalità di cui dispone.

Un sistema che alimenta il precariato invece di ridurlo

Il meccanismo attuale genera ciò che dovrebbe eliminare: precariato. Ogni anno in Lombardia, Veneto ed Emilia migliaia di cattedre restano scoperte; allo stesso tempo migliaia di docenti formati e abilitati rimangono bloccati nelle graduatorie del Mezzogiorno.
È il segno di un reclutamento che non dialoga con la realtà: lento, burocratico, incapace di rispondere alle necessità immediate della scuola italiana.

E quando un Paese deve correre — perché il PNRR impone scadenze rigide — la lentezza della Pubblica Amministrazione non è solo un problema tecnico: è un ostacolo allo sviluppo.

Undici anni di servizio, zero stabilità

Tra i 226.000 candidati c’è la storia simbolica di un docente che da undici anni garantisce alla scuola continuità, qualità e competenze. Laureato, abilitato, specializzato sul sostegno, con incarichi organizzativi e di raccordo con il mondo del lavoro. Una figura pienamente professionale, che ha già dimostrato sul campo ciò che serve. Eppure è ancora precario.
Questa storia non è un’eccezione: è la regola di un sistema che non valorizza l’esperienza, non premia il merito, non riconosce il servizio reso. Un sistema che non mette al centro i bisogni delle scuole e, di conseguenza, degli studenti.

Il paradosso Nord-Sud che nessuno affronta

La gestione attuale del reclutamento continua a ignorare la geografia reale del fabbisogno: al Nord mancano docenti, al Sud mancano posti. Il risultato è un equilibrio impossibile che produce mobilità forzata, instabilità nelle classi e una qualità dell’insegnamento discontinua.
Un Paese che vuole crescere non può permettere che la scuola — la sua infrastruttura più strategica — dipenda da un sistema di reclutamento così scollegato dalla realtà.

La proposta liberaldemocratica: riportare la scuola nel XXI secolo

Il Partito Liberaldemocratico propone un modello lineare, europeo, fondato sulla professionalità e sulla responsabilità.

1. Laurea abilitante
Un percorso universitario che forma e abilita, senza rimbalzi tra concorsi episodici e percorsi frammentati.

2. Un anno di tirocinio abilitante retribuito
Un ingresso reale nella professione, valutato e accompagnato, che certifica competenze didattiche e relazionali.

3. Chiamata diretta delle scuole con criteri pubblici
I dirigenti devono poter scegliere i docenti in base ai fabbisogni del territorio e della scuola, in modo trasparente e verificabile. Così si garantiscono continuità, qualità e responsabilità.

Una scelta politica, non tecnica

Il PNRR doveva rappresentare la svolta per modernizzare il sistema. La scadenza del 31 dicembre 2025 incombe, mentre le procedure arrancano e la macchina amministrativa fatica a stare al passo.
È il segno che non servono solo fondi o concorsi: serve un cambio di paradigma.

Un Paese ha bisogno di una scuola efficiente, allineata ai fabbisogni reali, capace di attrarre talenti e di valorizzare chi già opera nelle aule con dedizione e competenza. L’Italia deve decidere se vuole una scuola costruita sui professionisti o una scuola costruita sui precari.

Noi Liberaldemocratici abbiamo già scelto. Ora la politica deve trovare il coraggio di farlo.