Politi frena sull’articolo 5 Nato: “Provocazioni ibride da Mosca ma droni che sconfinano in Polonia non possono essere paragonati alle Torri Gemelle…”

Dopo aver danneggiato le sedi della delegazione Ue e del British Council con il raid su Kyiv, la Russia compie un nuovo passo nelle sue spregiudicate prove di guerra. I droni nello spazio aereo della Polonia sono l’ennesima provocazione di Mosca, che vuole testare fino a che punto l’Occidente è disposto a spingersi. Alessandro Politi – direttore della Nato Defense College Foundation – giudica «ineccepibile» la risposta di Varsavia e rimarca il ruolo cruciale dell’Alleanza, ma frena sull’applicazione dell’articolo 5.

I droni russi nello spazio aereo della Polonia sono una provocazione o c’è di più?
«Da tempo si dice che tra 3, 6, 7 anni ci possono essere degli attacchi in direzione dei Paesi baltici. Questa notizia è stata ridimensionata da diverse fonti ufficiose: in realtà non si ipotizzavano attacchi, ma provocazioni ibride. Una provocazione ibrida non è un attacco. Ci vuole naturalmente una pronta risposta politica e di deterrenza. Se è garantita la credibilità dell’articolo 5, che è stata assolutamente riaffermata da Trump e da Rubio nel vertice dell’Aia, credo che i russi non abbiano nessun interesse a cercare problemi ulteriori».

Però Zelensky parla di «prove sempre più numerose» che dimostrano come non sia stata una casualità ma un attacco deliberato. Sarebbe gravissimo.
«Un attacco deliberato significa che ci sono dei danni, e non mi sembra che sia questo il caso. Sicuramente è un’inaccettabile intrusione nello spazio aereo di un velivolo che può essere pericoloso. Parlare di attacco deliberato rischia di fare confusione, ed è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Anzi, questo favorisce la disinformazione russa».

La Polonia invoca l’articolo 4 della Nato. Cosa accadrà?
«Chiunque può chiedere una consultazione sotto l’articolo 4. A suo tempo lo fecero gli F-16 turchi quando abbatterono un bombardiere russo Su.24M nei cieli di frontiera della Siria (24 novembre 2015). Ora i polacchi hanno esercitato un loro diritto sovrano ed è sacrosanto restare in allerta».

L’ipotesi più pesante, ovvero l’articolo 5, quanto è realistica?
«È altamente improbabile che si attivi l’articolo 5. Se si fosse prodotta contro un alleato Nato un’aggressione come l’invasione dell’Ucraina, ecco che l’articolo 5 sarebbe stato attivato. Ma finora l’articolo 5 è stato attivato una sola volta dagli europei, quando Al-Qaeda ha attaccato le Torri Gemelle e il Pentagono. E all’inizio gli americani non erano neanche convinti. Sono stati gli europei a insistere, e gli Usa hanno capito che politicamente questa era una buona cosa. Gli americani erano sorpresi perché erano convinti che gli europei avrebbero chiesto l’attivazione dell’articolo 5 per essere difesi dall’America. Ecco, dei droni che hanno sconfinato nello spazio aereo polacco non possono essere paragonati alle Torri Gemelle…».

Nell’operazione di protezione della Polonia sono stati coinvolti anche jet italiani e olandesi. Questo dimostra che il ruolo della Nato, pur tra mille difficoltà, resta cruciale.
«La Nato è un fornitore di sicurezza insostituibile e tiene la guardia alta da 75 anni, prima contro l’Unione Sovietica e adesso contro la Russia. La Nato ha tre missioni fondamentali: difesa e deterrenza; prevenzione e gestione delle crisi; sicurezza cooperativa. Innanzitutto la Nato deve rafforzare la sua deterrenza, e questo è il motivo per cui al vertice dell’Aia si è parlato di un aumento di spesa. Poi bisogna vedere se è una spesa fatta bene o fatta male. È fondamentale rinforzare la difesa convenzionale».

Ma non è facile, serve tempo…
«Questo si comincia a fare, non si fa subito. Ci vuole minimo un decennio, ad essere realisti».

La strategia di Putin è chiara: sondare fino a che punto può spingersi l’Europa. Ma la risposta efficace della difesa aerea è uno schiaffo a queste sistematiche provocazioni.
«L’abbattimento di un oggetto volante estraneo – considerato pericoloso nel proprio spazio aereo – è una risposta ineccepibile, anche dal punto di vista del diritto internazionale. L’articolo 4 fa parte proprio della continua discussione tra alleati per mantenere una coerenza della deterrenza e della difesa. Però bisogna essere concreti: a Putin qualche drone abbattuto non fa nessuna differenza, visto che – sia pure a prezzo di perdite molto alte – continua a rosicchiare terreno in Ucraina».

Non dimentichiamo che il 28 agosto, durante un raid russo su Kyiv, sono state colpite le sedi delle delegazioni Ue e del British Council. Mosca si sta preparando a colpire militarmente l’Occidente?
«Sono gesti gravi e che non facilitano certamente il dialogo. Ma questi fatti non possono essere visti in un insieme. Su uno c’è un chiaro sconfinamento; sull’altro non è così. Quelle sedi sono chiaramente in una zona di guerra, e questo è molto più complicato da interpretare in modo univoco come un avvertimento, un messaggio o una minaccia, come è successo a Belgrado quando è stata colpita l’ambasciata cinese (7 maggio 1999). Peraltro, il British Council è un equivalente dei nostri istituti di cultura. Sono legati al sistema degli esteri, ma non so se godano di garanzie funzionali come le sedi diplomatiche».