Pregliasco: “Pro-Pal sovrarappresentati, il centrosinistra non ha un leader condiviso tra chi non sopporta Schlein, Conte o Renzi”

Lorenzo Pregliasco, politologo, saggista e cofondatore di YouTrend, è tra gli analisti elettori più ascoltati nel dibattito politico italiano. Analizza cicli di attenzione, percezioni collettive e dinamiche elettorali con uno sguardo che intreccia dati e comunicazione politica.

Dai sondaggi emerge un calo di attenzione verso Gaza, ma quanto spazio hanno oggi – nell’opinione pubblica italiana – le crisi geopolitiche in generale, rispetto a lavoro, inflazione e sicurezza?
«È chiaro che non c’è una sovrarappresentazione negli spazi social, ma lì c’è un tema di performatività dell’attivismo, accanto a una mobilitazione diffusa. Gli ambienti digitali enfatizzano molto Gaza rispetto alla vita reale: era vero soprattutto alcuni mesi fa. Quest’anno però si è rotto un argine, la catastrofe umanitaria ha contagiato l’opinione pubblica extrasocial, e lo si nota anche nell’attenzione televisiva, diversa da quella di prima».

Con l’avvicinarsi delle elezioni regionali, i grandi focolai di crisi internazionale tendono a ridimensionarsi: l’attenzione degli elettori torna ai problemi quotidiani?
«Nelle regioni che votano il dibattito locale avrà certamente più spazio: sanità, servizi, questioni quotidiane. Ma ciò non significa che le persone “spengano” del tutto l’attenzione sulle crisi internazionali. Viviamo cicli di notizie molto brevi e erratici: un paio di settimane fa si parlava ossessivamente di Ucraina, ora non più, magari tra poco tornerà al centro. Lo stesso vale per l’Iran: era percepito come cruciale poche settimane fa, oggi molto meno. È un’alternanza fisiologica».

Il centrosinistra può recuperare terreno con un’agenda più pragmatica o la distanza ormai maturata rischia di consolidarsi nelle prossime tornate elettorali?
«Le elezioni servono a smentire i sondaggi: ciò che fotografiamo oggi non è ciò che accadrà domani. Il centrosinistra potrebbe recuperare se cambiasse il contesto, ad esempio con un peggioramento del ciclo economico che spostasse le priorità degli elettori. Anche fattori come i dazi o la vicinanza del governo Meloni all’agenda di Trump potrebbero diventare problematici. Finora la premier ha gestito con abilità, ma restano incognite».

Dal disamoramento per le grandi cause internazionali può giovarsi il centrodestra?
«Il punto è che il centrodestra è un’area politica definita da anni, con una coalizione solida, una leader riconosciuta e un programma chiaro. Il centrosinistra no: non ha un leader condiviso, non ha un perimetro politico comune, non ha una visione proposta agli elettori. Inoltre, la sommabilità dei voti nel centrodestra è naturale, mentre nel campo largo le incompatibilità sono forti: una parte dei 5 Stelle non sopporta Renzi, una parte del PD non sopporta Conte, molti elettori di Italia Viva non tollerano né Schlein né Conte. Queste fratture, che nei sondaggi proporzionali non emergono, potrebbero esplodere nel momento di un’alleanza elettorale vera e propria. Ed è ciò che oggi rende il centrosinistra meno competitivo».