È stata una grande autocelebrazione terminata con la parata militare cinese che ha mostrato le unghie e le zanne dell’Esercito Popolare. Ma anche questa conclusione aveva il suo obiettivo revisionista: la guerra contro i giapponesi non l’hanno vinta gli americani (figuriamoci poi i russi) ma l’esercito di Liberazione di Mao Zedong. Putin è stato comicamente corteggiato da Narendra Modi, il presidente indiano che lo teneva per mano e lo abbracciava. Non era adorazione pura: Modi eccelle in cortesia e recapita i suoi pensieri come pacchi dono, e così ha fatto con Putin, ma con un chiodo fisso: l’invasione dell’Ucraina deve finire.
Putin, sbalorditivo
Con un colpo a sorpresa Vladimir Putin ha detto ciò che non aveva mai detto prima, e cioè che non esistono ostacoli perché l’Ucraina non entri nell’Unione Europea. Sbalorditivo, anche se tanta generosità nasconde un trucco: reinstallare a Kyiv il suo fedele Presidente Viktor Janukovyč, quello che nel 2024 scappo di notte con l’elicottero. Putin quando invase prima la Crimea e poi l’intera Ucraina, disse che far entrare l’Ucraina nell’Europa era peggio che farla entrare nella Nato perché l’Europa ha regole di solidarietà non solo economica ma anche di sicurezza fra i Paesi membri. Va registrato quindi come un concreto passo avanti, questo gesto putiniano sostenuto dal giocoso Modi che gli sussurrava ogni cinque minuti che sarebbe però stato meglio chiudere la guerra con l’Ucraina. Xi Jinping che non ha mai amato questa guerra, benché sostenga Putin, sembrava tirare sospiri di sollievo.
Il precedente del 2014
Nel 2014 quando la Rada (il Parlamento ucraino) aveva votato a stragrande maggioranza l’inizio della procedura per entrare a far parte dell’Unione Europea, il presidente filorusso Janukovyč si presentò in Parlamento per annunciare di averci ripensato: niente Europa, ma disse di aver accettato l’offerta di Putin per entrare nell’area economica russa. Scoppiò il finimondo, tutti i giovani che non avevano mai avuto a che fare con i russi dal 1990 scesero in piazza nel più lungo inverno ucraino con chitarre e persino pianoforti sulla neve e fronteggiarono per mesi la polizia filorussa di Janukovyč. L’insurrezione popolare fu chiamata Euro–Maidan (Maidan vuol dire piazza in generale perché tutte le piazze ucraine si riempirono). I ragazzi che manifestavano lasciarono un centinaio di morti nella neve avvolti nella bandiera insanguinata dell’Unione Europea, cosa mai vista. Una notte di febbraio – il filmato verdastro è pubblicato su Netflix – il presidente putiniano Janukovyč vide atterrare un grosso elicottero russo venuto a prelevarlo nel giardino di casa e che lo portò – cittadino naturalizzato russo – a Mosca dove vive con cittadinanza russa. Ed è Janukovyč che Putin avrebbe in mente per una restaurazione del regime fantoccio, ottenendo in cambio luce verde per l’ingresso in Europa. Ci furono altri due Presidenti ucraini prima del popolare Zelensky, famoso attore di serie televisive – ebreo e di lingua-madre russa – prestato alla politica. L’insurrezione popolare che portò alla fuga di Janukovyč fu chiamata da Putin “colpo di Stato guidato dalla Cia che avrebbe pagato gli studenti morti”.
Putin ha cambiato narrazione
Il fatto che Putin abbia cambiato narrazione è importante sia perché segna un cambio di linea, sia perché semplifica le ragioni storiche del conflitto. Così abbiamo udito pronunciare da Putin parole finora impensabili: “Se Zelensky è pronto a venire a Mosca dando prova di buon senso si può andare verso la conclusione del conflitto”. L’antiamericanismo del summit cinese è stato il minimo sindacale imposto dalla retorica. Alla chiusura di Tianjin si è visto che Paesi come Russia, Cina e India ad altro non aspirano che a un compromesso per avere una quota del mercato americano. Putin era felice per essere stato “sdoganato” da Trump ad Anchorage in Alaska e il suo umore era euforico anche perché Modi lo teneva per meno per poi sequestrarlo per 50 minuti nella limousine dello stesso Putin.
La Cina spende
L’India ha un bisogno vitale del mercato americano, benché si trovi in una fase magica di produzione industriale, perché se non vende una quota di quel che produce in America, non può sostenere i fondi per l’edilizia, le scuole, la sanità. In posizione ancora più grave è proprio la Cina, che spende e spande in armi bellissime ma inutili, che schiera uomini, donne e robot ma che paga adesso il prezzo della generazione perduta: che rallenta lo sviluppo dell’edilizia, dei trasporti, dei servizi ospedalieri e le banche che hanno troppi soldi in cassa e poche richieste di mutuo. Per sopravvivere, Xi Jinping ha bisogno di un mondo stabile che gli consenta di accedere a una quota ridotta ma sicura del mercato americano, che varia fra il 13 e il 22 per cento, e che non può essere sostituita dal mercato africano o europeo.
