Tra restrizioni, zone rosse, gialle, gialle rafforzate, arancioni e bianche gli Italiani non ce la fanno più a vedersi ristrette le proprie libertà. Lo testimoniano le immagini che arrivano da Nord a Sud ogni volta che la stretta si allenta anche se solo per poche ore: persone che affollano le strade, i negozi e i bar sono il segno tangibile della voglia di normalità che manca da quasi un anno. Ma quando finirà tutto questo in Italia?
Difficile a dirsi perché le variabili sono davvero tante e non prevedibili con precisione. A fare il punto con i tati alla mano è Agostino Miozzo, medico e coordinatore del Cts. “L’immunità di gregge non arriverà prima della fine dell’estate, inizio autunno – ha detto in un’intervista al Messaggero – I 30 milioni potenziali di vaccinati in quel periodo, secondo quanto ha riferito il commissario straordinario Arcuri, potranno mettere in sicurezza le categorie a rischio. Dovremo convivere ancora con il Covid forse per qualche anno. Anche se la vaccinazione ci consentirà di non provare più la paura che ci sta facendo adesso”.
Secondo il coordinatore quelle scene di libertà nelle città italiane in cui in tanti si assembravano per strada non hanno giustificazioni. “Però la repressione, in questo caso, non serve – ha detto Miozzo – Preoccupa più il fenomeno di aggregazione che non si vede, quello nelle case, lontano da occhi indiscreti, che non quello di qualche migliaio di ragazzi nelle zone dei locali. A me viene sempre in mente che rivolgersi solo alla valutazione di tipo repressivo è sbagliato, non fai altro che stimolare i comportamenti derivanti da condizioni di proibizionismo”.
Che fare allora? “Serve una comunicazione mirata ai giovani – propone Miozzo – Ci sono stati tentativi che hanno funzionato benissimo, come quello di Ferragni-Fedez, dobbiamo ritornare a farli. I ragazzi non leggono i giornali né guardano la televisione, bisogna parlare la loro stessa lingua per farsi capire. Sono lontani dalla scuola da quasi un anno. Gli imponi la Dad, gli imponi di non vedersi, a Capodanno non si può festeggiare, qualcosa gli devi far fare. È necessaria una buona comunicazione, ma anche il ritorno a scuola, compresa l’università. Tutti luoghi dove sanno bene come spiegare cosa è questo virus. Anche perché, se chiudi la scuola, non puoi lasciare aperto il centro commerciale e sperare che i ragazzi lo accettino”.
