Quando la realtà è inferiore all’idea: da Francesco a Leone XIV è cambiato tutto per non cambiare nulla?

Giubileo dei Giovani : Papa Leone passa tra i ragazzi a Tor Vergata prima della messa — Roma—Italia — Domenica 3 Agosto 2025 - Cronaca - (foto di Cecilia Fabiano/ LaPresse) Youth Jubilee: Pope Leo with Papamobile passing among the young faithful at Tor Vergata.— Rome—Italy — Sunday , August 3, 2025 - News - (photo by Cecilia Fabiano/LaPresse)

Mentre papa Leone XIV, in linea con il suo “programma” enunciato già nella primissima omelia dopo l’elezione – “sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato” – va dritto per la sua strada senza clamori e con uno stile low profile distante anni luce da quello del suo predecessore, l’attivismo dei nostalgici di Bergoglio che sembrano non essersi rassegnati al fatto che la Chiesa c’era prima e ci sarà dopo Francesco, non accenna a placarsi.

Recenti commenti, dichiarazioni e interviste di rappresentanti del mondo cattolico, laici ma anche esponenti di spicco dei vescovi italiani stanno lì a dimostrarlo. Segno evidente che la discontinuità che solo un cieco potrebbe non vedere si sta facendo sentire, eccome. Da segnalare come in tale contesto lo sport preferito sia il “gattopardismo”, ossia tentare (in alcuni casi non senza qualche goffaggine comunicativa, per info citofonare p. Spadaro) di far passare Leone XIV come la naturale prosecuzione di Francesco di modo che l’avvicendamento tra i due sarebbe solo di facciata, superficiale, mentre la linea d’azione è rimasta inalterata.

Anzi meglio, “deve” restare inalterata. Perché la vera Chiesa è quella di Francesco, la rotta è tracciata e indietro non si torna (ciao core). Della serie, è cambiato tutto per non cambiare nulla, come direbbe, appunto, il Gattopardo. Ora, detto che su alcuni temi – ma, anche qui, con accentuazioni e posture sensibilmente diverse (dettaglio, questo, niente affatto marginale siccome nella Chiesa la forma è sostanza, con buona pace di chi vagheggia improbabili riforme all’insegna della “semplicità”, qualunque cosa significhi) – Prevost sembra effettivamente situarsi sulla stessa lunghezza d’onda di Bergoglio, intanto è di sesquipedale evidenza come i punti di lontananza, in alcuni casi siderale, siano ben maggiori.

Ma non è neanche questo il punto. La cosa che qui interessa è un’altra. Ed è che fin dal giorno dopo l’elezione di Leone XIV sta andando in onda lo stesso spettacolo, solo a parti rovesciate, cui si è assistito nei mesi successivi alla pubblicazione della controversa esortazione apostolica Amoris laetitia. Come allora, a fronte di coloro che si adoperarono per ricondurre Amoris laetitia nel solco della Familiaris consortio, i pretoriani bergogliani fecero di tutto per sottolinearne, all’opposto, la discontinuità (esemplare in tal senso quanto accaduto a quello che un tempo era il glorioso Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II”, ne sanno qualcosa i professori Livio Melina e José Noriega), oggi da parte degli stessi, sconsolati ambienti è in corso una manovra simile, ma con l’obiettivo diametralmente opposto: mostrare, appunto, come nel passaggio da Francesco a Leone XIV nulla sia cambiato. Fatto questo che, tacendo della portata a dir poco velleitaria dell’operazione, se da un lato è un segnale fin troppo evidente di un malcelato nervosismo dei succitati ambienti, dall’altro rappresenta la miglior prova che quando c’è da perseguire un ben preciso scopo, be’ in questi casi signora mia la realtà è inferiore all’idea. Chi ha orecchie, intenda.